FOGLIO LAPIS - OTTOBRE- 2023

 

La partecipazione dei giovani italiani ai percorsi di formazione tecnico-professionale è superiore alla media OCSE. Ma questo non facilita l'accesso dei nostri diplomati al mondo del lavoro. Come migliorare il sistema

 

In un suo recente rapporto l'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ne fanno parte 38 paesi fra i quali l'intera Europa centro-occidentale) analizza la situazione attuale nel campo dell'istruzione secondaria superiore, con particolare riferimento alla formazione tecnico-professionale. É particolarmente interessante stralciare da questo studio i dati che si riferiscono all'Italia e metterli a confronto con la media OCSE.

La prima situazione che questo confronto mette a fuoco riguarda il rapporto fra l'istruzione e l'acceso al mondo del lavoro. La quota dei ragazzi italiani (fra i 15 e i 19 anni) che ha accesso all'istruzione tecnico-professionale è decisamente superiore a quella media dei trentotto paesi OCSE, 40 per cento contro il 23. Eppure soltanto poco più della metà, dunque molto meno che negli altri paesi considerati, trova un impiego corrispondente agli studi entro uno-due anni dal diploma.

La spiegazione non può limitarsi alla congiuntura economica, che si può considerare più o meno equivalente nei trentotto paesi OCSE, va invece considerata all'interno di una serie di criticità. Per esempio la quota di NEET (ton in educati on, complemento ad training, che cioè non lavorano né sono impegnati in processi di istruzione e formazione), nell'insieme dell'OCSE raggiunge il 14 per cento, mentre nel nostro paese, dove il dato viene misurati su base regionale, sale dal 10 per cento del Trentino fino al 40 della Sicilia.

Ma il dato forse più significativo si riferisce alla posizione della scuola nei pubblici bilanci. Nell'insieme dei paesi raggruppati nell'OCSE le spese per l'istruzione raggiungono il 5,1 per cento (dato del 2020), in Italia non superano il 4,2 per cento. Quasi un punto percentuale di differenza può sembrare poca cosa, corrisponde invece a una quantità di risorse che se riversate sulle necessità della scuola potrebbero migliorare sensibilmente il sistema. Senza considerare che anche un uso corretto dei finanziamenti disponibili potrebbe liberare risorse.

Sarebbe così possibile ancorare strettamente la formazione tecnico-professionale all'esperienza personale nei luoghi di produzione: in modo da rendere più concreto l'apprendimento e da facilitare, dopo il diploma, l'accesso dei nostri giovani al mondo del lavoro.

                                                                r. f. l.  

 

 


                                                  

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