FOGLIO LAPIS - APRILE - 2019

 
 

Si tratta di un prodotto del tutto particolare, al quale non si addicono le tecniche della pubblicità commerciale – Eppure fin dai tempi dell'invenzione della stampa si è cercato in qualche modo di lanciare i libri sul mercato – Le modalità ideali di promozione sono gli incontri con gli autori, i laboratori di lettura, le presentazioni in luoghi di vita quotidiana

Ogni aspetto della nostra vita è oggetto, direttamente o indirettamente, di campagne pubblicitarie che vogliono in qualche modo sempre influenzare i nostri gusti e i nostri comportamenti di consumatori. Probabilmente un accattivante manifesto pubblicitario può funzionare per  un profumo o  un’automobile e rendere tali prodotti oggetti indispensabili per la nostra vita tanto da farceli acquistare.  Ma può una bella  pubblicità far anche venire la voglia di leggere un libro ed indurci a comprarlo? Forse per i libri non è proprio la stessa cosa ed è un po’ più complicato. Si può trasformare il pubblico in lettori solo presentando la copertina di un libro, anche se accompagnata da un esplicito e stuzzicante invito alla lettura? E poi, se un libro è di valore, potrà essere solo una pubblicità a farlo conoscere e a favorirne la diffusione? Sembra proprio che ci poniamo su piani diversi.

Eppure, da quando è stata inventata la stampa e hanno iniziato ad essere pubblicati libri in numero sempre crescente, la presentazione dei libri è stata accompagnata da una forma, anche se embrionale, di promozione pubblicitaria, evidentemente  si riteneva già nel passato che la diffusione dell’informazione potesse favorire la lettura e la conseguentemente vendita dei libri. Da uno studio di Ambrogio Borsani “La claque del libro” emerge, probabilmente in maniera inaspettata, che già nel 1469 Peter Schӧffer, colui  che aveva stampato  per Gutenberg  a caratteri mobili la Bibbia, cioè il primo libro nella storia a non essere più trascritto solo a mano,  aveva voluto promuovere i libri in vendita: un elenco di titoli su un foglio affisso ai muri è accompagnato da un invito rivolto a tutti gli interessati a recarsi a casa sua per vederli: come a dire: “un libro non si compra a scatola chiusa, deve prima nascere la curiosità!”

In seguito, nel 1600, prendendo spunto dal Bureau d’Adresse di Théofraste Renaudot, nasceva un giornale, La gazette, che ospitava fra le sue pagine inserzioni pubblicitarie. Anche Denis Diderot, nel 1750, che si accingeva a pubblicare l’Encyclopédie illustrò sul Prospectus l’importante iniziativa a cui si stava dedicando, nella convinzione che una grande nuova opera avesse bisogno di una presentazione per essere accolta dal pubblico. E poi, tante sono le vicende che nella storia hanno accompagnato l’uscita e la promozione di libri: un grande successo fu nel 1936 la pubblicità popolare del libro Via col vento prima che diventasse quel grande classico cinematografico che tutti conosciamo; e così fu anche per Il piccolo principe.

Ma non sempre i libri più reclamizzati sono risultati quelli più letti e, viceversa, i più grandi capolavori letterari non necessariamente hanno beneficiato di investimenti pubblicitari per essere diffusi. Forse perché la pubblicità, anche la più elaborata, non basta per invogliare il pubblico a leggere e, meno ancora, ad apprezzare il valore di un libro. Si potrebbe dire “un libro non vale l’altro: forse opere di scarso valore possono arrivare al pubblico attraverso un’attiva campagna pubblicitaria, ma, probabilmente, ciò non ne garantirà la durata nel tempo. Generalmente, i libri più validi hanno trovato strade diverse per essere conosciuti ed apprezzati. La ricerca di Borsani, per esempio, porta a riflettere sul fatto che spesso i libri oggetto di proibizioni e divieti storici o culturali hanno ricevuto involontariamente una indiretta pubblicità che ne ha favorito la diffusione. Daniel Pennac rivendica addirittura  il diritto a non leggere, non si può costringere a leggere se si vuole far apprezzare la lettura  e non si può neppure imporre che cosa leggere, il lettore deve essere libero di scegliere e scoprire da solo che cosa lo interessa e lo appassiona.

Ad un certo momento,  la radio e la televisione sono stati i canali di diffusione più attivi delle informazioni e della pubblicità.  Oggi, nell’epoca  dei social network i messaggi viaggiano via internet, le informazioni si diffondono velocemente e molto facilmente, ma è difficile vagliarne l’autenticità e la veridicità: che tanti dicano di avere letto un certo libro facendolo diventare virale non garantisce che valga la pena fare lo sforzo di leggerlo.

Allora, non potranno, forse, essere tanto  i pubblicitari a doversi occupare di presentare i libri appena pubblicati usando le complesse tecniche del marketing senza magari neanche averli letti; invece, più interessanti ed efficaci potranno essere  le iniziative degli esperti del settore: incontri con gli autori presso le librerie, laboratori di lettura nelle biblioteche o presentazioni  pubbliche nei luoghi più impensati ma vicini alla quotidianità della gente, insomma, occasioni varie in cui chi presenta un libro lo fa perché ne conosce e ne apprezza il valore, ispirando fiducia nel pubblico e suscitando un autentico interesse per  la lettura.

Nel “villaggio globale” dell’informazione, si è visto modificare il rapporto esistente fra pubblicità e parola scritta. Non si tratta più di pubblicità di libri, ma di pubblicità nei libri. Prospettiva, questa, decisamente nuova e non solo perché mediata dalla tecnologia. L’elemento allarmante è dato non dalla presenza di inserzioni pubblicitarie, peraltro già presenti in giornali e riviste, ma dal fatto che essa venga proposta al lettore, non quando è distratto o rilassato, ma proprio quando sta pensando, quando è in uno stato di piena azione, quando le sue difese risultano più basse.

Lo scenario del futuro sembra essere quello di collegare l’offerta pubblicitaria direttamente a quello che stiamo pensando ed elaborando proprio mentre stiamo leggendo. Amazon ha inserito, per il momento su base volontaria, la pubblicità nei suoi dispositivi di lettura, offrendo ai clienti uno sconto sull’acquisto dei propri lettori e-book. Allo stato attuale si tratta di semplici ed innocenti immagini di sfondo, ma che lasciano presagire possibili scenari futuri, basti pensare a quanto già sperimento con successo da Google con i suoi annunci testuali ADS (abbreviazione del termine inglese advertising, appunto pubblicità).

 

                                          Marica Biglieri - Clemente Porreca  

    


                                                  

 
 

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