FOGLIO LAPIS - APRILE - 2007

 
 

Le lezioni di educazione civica, introdotte da cinque anni nelle classi secondarie d’Inghilterra, saranno integrate con l’insegnamento dei fondamentali valori britannici: libertà di espressione, centralità della legge, tolleranza reciproca, rispetto per l’uguaglianza – Si tratta di una ricerca dell’identità che punta a creare una coesione comunitaria – C’è consenso sulla proposta delle autorità scolastiche ma qualcuno avverte: attenzione al rischio di creare un mito

 

 

Nel luglio del 2005, quando il terrorismo colpì Londra con una serie di cruenti attentati al sistema metropolitano dei trasporti, il segretario all’istruzione Alan Johnson affidò a Sir Keith Ajegbo, specialista di problemi educativi, una ricerca sul sistema scolastico inglese. Si trattava di capire quali responsabilità avesse la scuola nel fallimento dell’integrazione di tanti giovani appartenenti alle etnie immigrate provenienti da quello che fu l’impero britannico. Erano stati infatti giovani inglesi di questa provenienza, accecati dal fanatismo religioso, a collocare quelle bombe. Sir Keith si mise al lavoro, e nei giorni scorsi ha proposto, presentando i risultati della sua indagine, che nella scuola secondaria siano introdotti corsi di britishness, britannicità. Che siano cioè insegnati i fondamentali valori britannici, come la libertà di manifestazione del pensiero, la centralità della legge, la tolleranza reciproca, il rispetto dell’uguaglianza.

Il punto centrale della proposta è l’accostamento del concetto d’identità a quello di diversità. Nella società interetnica e interculturale, secondo lo studioso inglese è vano tentare di raggiungere l’armonia attraverso la negazione della propria identità. Al contrario, è proprio esaltando i valori identitari che si raggiunge lo scopo: se non altro perché uno di quei valori è precisamente la tolleranza, che è riconoscimento reciproco d’identità. Accogliendo favorevolmente la proposta Nick Johnson, un componente della commissione per l’uguaglianza razziale, sottolinea che si tratta, in realtà, di valori universali, ma è la loro applicazione attraverso la storia a renderli unici, e dunque portatori d’identità, nelle isole britanniche.

L’insegnamento sarà infatti organizzato secondo criteri storici: da notarsi che nel sistema scolastico inglese la storia è facoltativa dopo i 14 anni. Si parlerà per esempio della tratta degli schiavi, dell’espansione dell’impero britannico, per arrivare a temi più propriamente attuali come l’adesione del Regno Unito all’Unione europea e il fenomeno migratorio. I ragazzi, dice il segretario Johnson, devono essere incoraggiati a considerare in modo critico le questioni del razzismo, della pluralità etnica, delle religioni, con esplicite connessioni all’attualità più stringente. Perché “i valori che i nostri ragazzi imparano a scuola determineranno quello che il nostro paese sarà nel futuro”.

La sede naturale delle lezioni di britishness saranno i corsi di educazione civica, che nelle scuole secondarie inglesi sono obbligatori da cinque anni. L’insegnamento della citizenship, come si chiama oltre Manica con riferimento alla condizione e ai diritti-doveri di citizen, cittadino, fu introdotta nel 2002 come tentativo di contrastare il disinteresse per la politica che si registra da anni, e che si manifesta per esempio con partecipazioni al voto molto basse: ma secondo gli ispettori scolastici in tre istituti su quattro è condotto in modo insoddisfacente. La proposta di Sir Keith dovrebbe rilanciarlo su basi più efficaci e più attraenti.

Attorno all’iniziativa si è formato un vasto consenso, anche da parte dell’opposizione conservatrice. Ma qualche obiezione viene dal fronte degli insegnanti. Alcune riserve sono di carattere puramente tecnico: potrebbe essere difficile, si teme, aggiungere nuove tematiche a programmi già molto densi. Altri segnalano la possibilità che le buone intenzioni di Sir Keith possano degenerare fino a determinare conseguenze opposte. Uno dei critici sostiene per esempio che bisogna guardarsi dal rischio di creare un mito imperiale insegnando che valori come la democrazia o la giustizia sono esclusivamente britannici, facendo così credere che la Gran Bretagna sia superiore agli altri paesi.

                                                               Fredi Sergent 

 

   


                                                  

 
 

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