FOGLIO LAPIS - SETTEMBRE 2000

 
 

La maggior parte degli insegnanti è impreparata di fronte all'irruzione del computer nelle scuole - Un disagio acuito dal fatto che la maggior parte dei bambini e dei ragazzi è invece perfettamente a suo agio con il mouse e i segreti di Internet

 

Fra la scuola e le nuove tecnologie, in particolare informatiche, è amore obbligato: ma certo non è stato amore a prima vista. Non che ci siano particolari problemi dalla parte dei ragazzi, che anzi in stragrande maggioranza danno del tu al computer fino dalla più tenera età. Complici i videogiochi, le nuove tecnologie non faticano affatto a imporsi all'universo infantile e giovanile. No, il problema riguarda gli insegnanti, o per meglio dire una buona parte di loro.

L'allarme viene dalla Francia, dove un ispettore ministeriale incaricato di vigilare sul buon andamento dell'istruzione primaria ha scoperto che un nuovo sintomo ai è aggiunto ai molti che già da tempo permettono di diagnosticare il grande malessere del corpo docente. L'irruzione in aula del computer li ha colti impreparati, spesso li ha addirittura precipitati nel panico. Il mouse, chi era costui? Un topolino? Un topolino in cattedra? Non solo: la semplice constatazione che di fronte a quelle diavolerie elettroniche i ragazzi non si scompongono più di tanto, abituati come sono a trafficare con tastiera, mouse e joystick, aggiunge al disagio il tarlo della frustrazione. Ma come, quei mocciosi ne sanno più di me?

L'ispettore francese commenta serafico: sono rarissimi gli insegnanti disposti a imparare dai loro allievi. Il suggerimento è implicito, anche se evita l'asprezza del consiglio diretto: visto che fra i banchi c'è molta gente che di questa roba se ne intende, perché non affidare a loro, ai ragazzi, la gestione della novità informatica? Se proprio l'insegnante non se la sente di imparare i rudimenti della nuova tecnologia (ma perché non dovrebbe sentirsela?) non tutto è perduto: basta nominare webmaster uno fra i più svegli della classe e renderlo responsabile del computer. Fermo restando che tocca a chi sta in cattedra coordinare gli obiettivi, stabilire in accordo con la classe che cosa si debba tirar fuori da quella macchina dotata di così formidabili potenzialità.

Un allarme che viene dalla Francia ma che rispecchia una situazione verificabile anche in Italia. Non si contano i casi di aggiornatissime apparecchiature lasciate a poltrire nei ripostigli: aprendo così una questione nuova, se sia più deprecabile questo straordinario spreco di risorse o il pigro misoneismo che ne è la causa. Addirittura c'è chi indica nelle nuove tecnologie una ragione rivendicativa sul piano sindacale: come se quelle macchine costituissero un aggravio di lavoro e non, al contrario, uno strumento capace di rendere tutto più facile, più rapido, più gradevole.

Inutile sottolineare in questa sede gli enormi vantaggi didattici dell'informatica: ne parleremo dettagliatamente in uno dei prossimi numeri di questa rivista. Per ora solo un'osservazione: all'opportunità rappresentata dal fatto di essere uno strumento di comunicazione e di lavoro familiare ai giovani e ai giovanissimi, si aggiungono i grandi pregi dell'interattività. Favorendo la partecipazione attiva del fruitore, il computer può incoraggiare il superamento della vecchia formula di un apprendimento a senso unico, di un flusso di sapere univoco e uniforme dalla cattedra al banco. Si può così trarre profitto da quella grande e quasi inutilizzata risorsa che è la curiosità infantile e giovanile, la voglia di esserci, di partecipare.

Ecco perché sarebbe proprio il caso che gli insegnanti si buttassero a capofitto in questa sfida della modernità, familiarizzandosi con il misterioso topolino che può condurli per mano sulle vie del mondo, nello spazio e nel tempo. Non pochi lo hanno fatto, del resto, e siamo certi che la computerizzazione della scuola andrà avanti nei prossimi anni a passi da gigante. Il fatto stesso che i giovani siano così fortemente attratti dalle nuove tecnologie dimostra, del resto, che quello di cui stiamo parlando è un problema transitorio. Presto se ne parlerà come di quei luddisti che quasi due secoli fa pretendevano, in nome dell'occupazione, di bloccare sul nascere la civiltà delle macchine.

 

Alfredo Venturi

 

 

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