FOGLIO LAPIS - SETTEMBRE 1999

 
 

Non è una novità: la scuola italiana produce un popolo refrattario alla lettura, in particolare alla lettura di libri – Il fenomeno è puntualmente confermato dall’indagine conoscitiva sui giovani di leva  

 

Come si sa un bicchiere impegnato al cinquanta per cento può apparire, a seconda dei punti di vista, mezzo pieno o mezzo vuoto. Ma il fatto che i diciottenni interpellati nel corso della nostra indagine si dichiarano a maggioranza, precisamente nella misura del 56 per cento, lettori abituali, non consola affatto chi è colpito dalla triste realtà che il 41,4 per cento si colloca, al contrario, nella categoria dei non-lettori. 

L’idea che quattro ragazzi su dieci non abbiano contratto la vitale abitudine della lettura non è certo esaltante. Meno esaltante che mai la situazione che emrge dal confronto fra i generi: infatti sono soltanto575 su 3368, cioè il 17,1 per cento o se si preferisce poco più di uno su sei, coloro che leggono abitualmente libri. Ma soltanto 505 (il 15 per cento) in un anno ne hanno letti più di tre. Per farla breve: quasi cinque ragazzi su sei non sono soliti leggere libri. Ancora meno quelli che leggono riviste (9 per cento) o fumetti (4,9 per cento), un po’ di più, ma sempre pochissimi rispetto a una dimensione socialmente accettabile del fenomeno, quelli che leggono abitualmente i giornali (26,5 per cento). 

Un altro dato davvero desolante emerge dal confronto delle risposte relative al titolo di studio con quelle che sondano le abitudini di lettura. Fra i 575 ragazzi che leggono abitualmente libri sono 117, oltre un quinto del totale, quelli che hanno un titolo superiore. Ma poiché i titolari di licenza superiore nel nostro campione sono 321, vale a dire il 9,3 per cento, ne risulta che l’abitudine alla lettura è minoritaria persino nella fascia più colta dei ragazzi interpellati. Fra i diplomati di scuola media superiore, infatti, il numero di coloro che non leggono libri, 195, è decisamente superiore a quello dei 117 lettori abituali: il rapporto si avvicina ai tre contro due. Fra coloro che hanno terminato la scuola dell’obbligo ottenendo la licenza media (in totale 2632, il 78,1 per cento del campione) i lettori abituali di libri sono appena 398, uno ogni sei e mezzo. Fra i 296 evasori dell’obbligo che hanno almeno terminato le elementari i lettori di libri sono 39, uno ogni sette e mezzo. E’ paradossale notare come i lettori di libri siano relativamente più numerosi, quindici su 73 cioè un po’ più di uno su cinque, fra coloro che si dichiarano sprovvisti di ogni titolo di studio. 

Un elemento di un certo interesse è rivelato dalla distribuzione quantitativa all’interno dello sparuto gruppo dei diciottenni che consumano libri. Essa mostra infatti che coloro che hanno letto un solo libro in un anno sono meno di quanti ne hanno letti due, e questa cifra è a sua volta inferiore a quella di chi ne ha letti più di tre. Persino nella categoria più disagiata, quella dei 213 che avrebbero voluto continuare gli studi, ma non lo hanno fatto a causa delle ristrettezze economiche delle famiglie, sono undici i ragazzi che hanno letto l’ultimo anno un solo libro, venti coloro che ne hanno letti due, 33 quelli che si sono spinti oltre i tre libri. Sembra discenderne una deduzione parzialmente confortante: nonostante i limiti culturali che l’esperienza scolastica non ha loro permesso di superare, se questi ragazzi riescono ad avvicinarsi alla lettura finiscono con il determinare un circolo virtuoso che li induce a leggere ancora. Ma chi, se non la scuola in caso di latitanza familiare, può fare entrare nelle loro teste il vecchio adagio, “un uomo che legge ne vale due”?

                                                                      s.f.

        

                                     

 

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