FOGLIO LAPIS - OTTOBRE 2003

 
 

Mentre chiude dopo quindici anni di attività l’accademia del circo di Cesenatico, depositaria di un antico retaggio culturale, nasce a Napoli una scuola destinata a sfornare le quinte viventi per gli spettacoli del varietà televisivo – Un’aspra polemica ha investito questa discutibile destinazione di risorse pubbliche, ma forse l’accento andrebbe più efficacemente posto sulla conferma, implicita nei due episodi, di una desolante eclissi del buon gusto

 

Aveva quindici anni di vita e aveva diplomato, avviandoli alla professione circense, una settantina di artisti oggi all’opera nei più importanti circhi italiani ed europei. Ma l’accademia del circo, fondata nel 1988 a Verona e due anni dopo trasferita a Cesenatico in una ex colonia marina, ha dovuto chiudere i battenti. Troppi debiti, nonostante un contributo del ministero per i beni culturali che copriva l’ottantacinque per cento dei costi. Si è pensato per qualche tempo a un trasloco verso una sede meno isolata e più facilmente raggiungibile, che incoraggiasse un maggior numero di iscrizioni e un sostanziale rilancio, ma il progetto è naufragato nel disinteresse generale.

A questo punto il destino della scuola di Cesenatico pareva ormai segnato. L’ultimo anno scolastico si è concluso all’inizio dell’estate e gli ultimi diciotto allievi (italiani, francesi, belgi, tedeschi e rumeni) se ne sono andati all’inizio dell’estate. Lo hanno fatto senza nemmeno impegnarsi nel tradizionale saggio di fine anno, in cui erano soliti mostrare le loro abilità di giocolieri, clown, acrobati. Scompare dunque la sola scuola italiana di arti circensi (in Francia ce ne sono 200, generosamente finanziate con risorse pubbliche), depositaria di un antico retaggio culturale, dotata fra l’altro di una biblioteca e un archivio sulla storia del circo. Ma c’è ancora un esile filo di speranza, ci dice Egidio Palmiri, fondatore e presidente dell’accademia: la concessione da parte del comune di Milano di un terreno pubblico sul quale si potrebbe riprendere l’attività entro strutture temporanee, nella prospettiva di un futuro trasferimento in una sede fissa.

Negli stessi giorni in cui i giornali davano notizia della chiusura dell’accademia circense (era l’inizio dello scorso luglio), un altro annuncio invadeva le prime pagine. Per una scuola scomparsa eccone un’altra che inizia la sua attività. E ancora una volta abbiamo a che fare con il mondo dello spettacolo. Ma non c’è da consolarsi troppo, la somma algebrica dei due eventi è purtroppo decisamente negativa. La nuova scuola è infatti destinata a formare e sfornare “veline”: una sorta di quinte viventi, sculettanti e ammiccanti per il varietà televisivo. La regione Campania aveva finanziato l’iniziativa, si era fatto ricorso anche a fondi europei, era stato stanziato la bella cifra di un milione e 200 mila euro. Ed ecco centinaia di ragazze, 1200 nei primi giorni, che si presentano alle selezioni, essendo a quanto pare quella di velina una professione molto ambita. E i promotori della scuola assicurano che per chi l’avrà frequentata con successo ci saranno almeno 57 posti di lavoro disponibili.

Naturalmente esplode immediata la polemica, come al solito in Italia intrisa di succhi politici che con la concretezza del caso non hanno niente a che fare: la regione Campania è amministrata dalla sinistra e allora la destra attacca questa decisione contraddittoria rispetto alla tradizione femminista, che è tipica appunto delle forze progressiste. La questione viene infatti impostata prevalentemente sull’ottica dell’uso spettacolare e della mercificazione del corpo femminile, oltre che sul punto cruciale della fabbrica di facili illusioni e dunque di amare delusioni. I promotori si difendono sottolineando che si tratta di formare professionalmente delle figuranti dello spettacolo, che l’avvento del digitale moltiplicherà i canali televisivi e quindi questo genere di attività. Insomma che male c’è, a adeguare l’offerta formativa a una professione così promettente?

Sembra evidente che la questione andrebbe più correttamente impostata nell’ottica del buon gusto: e su questo piano le perplessità, le riserve e le critiche sono politicamente indifferenziate. Per vederci chiaro basta confrontare l’iniziativa che parte a Napoli con quella tramontata a Cesenatico. Denaro pubblico che manca per tenere in vita un’istituzione accademica di alto livello, e di affascinante contenuto, denaro pubblico che viene impiegato per una scuola di comparse. Da una parte gli specialisti del circo, depositari di tecniche raffinatissime e legati a una tradizione di rigoroso addestramento, dall’altra le veline, titolari di una competenza professionale che non richiede certamente sforzi formativi della stessa intensità.

                                                                          f.s.
                                               

                                                                      

 

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