FOGLIO LAPIS MARZO 2002

 

Prove di invenzione lessicale in un campo solare nell’alta valle del Marecchia, fra Toscana e Romagna – Un meccanico alle prese con i problemi linguistici connessi con la filettatura delle viti – Impensabile, in un posto chiamato Cicognaia, non interrogarsi sui misteri della nascita – Magari per scoprire che è anche possibile, da qualche parte, venire al mondo come fanno i viperini

 

 

Quello che sto per rimettere in sesto, per ricordare, è lo storione, che non è una semplice storia per ridire come mi resi utile congegnando la Fantastica a Ca’ Raffaello, estrema cellula vivente in Romagna della provincia di Arezzo, ma è uno “storione”: un pesce, una creatura viva, semplice, naturale.

Lo storione fu avvistato dalla fantasia di un bambino di tre anni nelle acque del Marecchia. Il Marecchia fu definito “l’orecchia del mare”. La sua voce risale la corrente da Rimini fino a Ca’ Raffaello: “Come fa, se i pesci sono muti?”.

E’ la prima domanda che feci ai bambini del campo solare organizzato a Ca’ Raffaello, in quella remota cellula viva della provincia di Arezzo. Animava il campo una mia amica, la Raffi, la mamma di Giovanni, un bambino di tre anni. Gli altri bambini arrivavano fino a sette anni, al massimo. La più grande aveva sette anni: la Francesca.

La Raffi, la mamma di Giovanni, era la loro maestra, una ragazza madre. L’avevo conosciuta l’estate precedente attraversando un campo di nudisti vicino a Cervia: tra Cervia e Ravenna.

Giovanni aveva una fantasia luminosa. Me ne accorsi immediatamente. Le sue paroline erano efficienti e miracolose: “Il pesce spana”, “una piuna”, “la limpidina”, “la breza”. Chiedevo agli altri bambini radunati presso il Marecchia: “Che vogliono dire?”.

     “Sono segreti”, rispose Francesca.

     “… Anche Filippo è segreto… il mio nome proprio. Vuol dire: Amico dei cavalli… Proprio di quelli!”, dissi, indicando un brando di cavalli al pascolo.

     “E, loro… come si chiamano?”, chiese la Francesca.

Un cavallo nitrì. Il nitrito lo udirono tutti. Fu come un sale: anzi, il sale più adatto per condire la fantasia di Fantastica.

     “Ha detto che si chiama Piero”, dissi: “E’ Piero della Francesca”.

     “… Proprio il mio?”, chiese la bambina.

     “… Proprio il tuo!”, le dissi.

La sera, ripensavamo i cavalli, e chiesi ai bambini di svelarmi il segreto delle paroline di Giovanni.

     “Il pesce spana è il pesce spada”, disse uno.

     “Noo!… Non lo sapevo!”, risposi io: “Secondo me, è un pesce che guasta la filettatura di una vite”.

Questa scoperta ci costrinse a raggiungere, il giorno dopo, un meccanico tra Cicognaia e Pennabilli. Il meccanico vide arrivare un pulmino carico di bambini che volevano sapere come fa un pesce a spanare la filettatura di una vite. Imparò molte cose e, per ricompensa, permise a tutti di toccare tutto quello che la curiosità suggeriva.

     Poi fu la volta di “una piuna”.

La Francesca fu veramente geniale, mise in evidenza una forte attitudine matematica. Cominciò a contare: “Più una, più una, più una… più una” e disse: “Piuna significa questo: più una!”.

    “Che segreto affascinante!”, esclamai: “Vogliamo svelarlo agli abitanti di Pennabilli?”.

Intervistando gli abitanti, i bambini più grandi si stupirono alquanto scoprendo che loro non sapevano che i billi sono i tacchini.

     “… Lo sanno tutti”, disse la Francesca, “che una piuna è una piuma!”.

A Cicognaia le cose non andarono meglio. Gli abitanti non sapevano che il loro paese era stato portato dalle cicogne…

     “Chi li porta i bambini?”, chiesi loro, perché volevano saperlo.

La parolina di Giovanni che ci permise di fare luce su questa domanda, fu “la limpidina”.

Giovanni era abituato a vedere la mamma nuda, insieme a uomini e donne e bambini e bambine, tutti nudi, perché la Raffi, d’estate, come ho già detto, stava con lui in un campo di nudisti, tra Cervia e Ravenna. Ma gli altri?… Detto fatto! La Raffi si arrampicò, nuda, su un albero. Si arrampicò proprio sull’albero della vita: quello che era, una volta, posto al centro del Paradiso terrestre. Eccola lassù, avvitata come una lampadina:

 

 

E il primo segreto della “limpidina” era svelato, sotto gli sguardi acclamosi di bambini e bambini.

     Dissi: “E’ lei che dà alla luce voi!”.

Facemmo una piccola ricerca. Scoprimmo come, in certe tribù, le donne partorivano veramente stando sopra le piante.

     “Anche le vipere fanno così”, disse uno cui il nonno cacciatore aveva detto: "… le vipere li fanno cadere vivi da sopra un ramo, i viperini”.

Volete sapere una cosa?… “La limpidina” voleva dire anche un’altra cosa.

Ce lo fece capire la Raffi, immergendosi nuda, con il suo zainetto sulle spalle, nelle acque del Marecchia. Aveva in testa il casco che usava andando in vespa, come dice la foto:

 

 

Uscendo dall’acqua, disse: “Sono entrata dentro portandomi dietro lo zainetto delle mie paure… Avevo anche il casco, che mi protegge se casco… E l’acqua mi ha lavata, purificata. Ora sono limpidina!”, disse, prendendo in collo Giovanni e baciandolo, anzi com-baciandolo, combaciando con lui. Si baciarono tutti. Combaciavano perfettamente la Raffi e i bambini.

     “Grazie Giovanni per averci svelato i segreti delle tue paroline!”, dissi io.

Rimaneva da scoprire il segreto della “breza”… Cos’era? Il vento che spira la mattina e la sera alternamente da direzioni opposte?… O è “la zebra”?

Per saperlo dovremo restaurare la Terra, ricostruire pezzo per pezzo il Paradiso terrestre… Questo dovrà essere il compito della scuola futura estesa a tutto il mondo…

     Come si fa?

     L’unico sistema che conosco è “congegnando la Fantastica”.

                                                                   Filippo Nibbi

 

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