Torna a Foglio Lapis - aprile 2001
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Fanno discutere i disegni di legge sul diritto di famiglia e le competenze dei tribunali per i minori – Pene più severe, e al compimento dei diciotto anni il trasferimento nel carcere ordinario – Dai collegi giudicanti scompaiono gli esperti, ridotti a consulenti esterni – Il governo parla della necessità di contrastare una emergenza criminale che le statistiche non confermano

 
I due disegni di legge sulla giustizia, approvati dal consiglio dei ministri il 1 marzo, hanno suscitato una tempesta di polemiche non soltanto nell’opposizione politica, ma anche fra gli addetti ai lavori, in particolare fra gli operatori della giustizia minorile. Si tratta di progetti di riforma, il primo a carico del diritto di famiglia e dei minori, mentre il secondo riguarda le competenze dei tribunali per i minori. Lo spirito della nuova normativa proposta dal governo è quello, spiega il ministro della giustizia Roberto Castelli, di dare una risposta adeguata a una delinquenza minorile che non è più quella di una volta. Siamo di fronte, dice Castelli, a sedicenni che commettono reati gravi, provocano allarme nell’opinione pubblica e sono veri e propri criminali. Bisogna dunque colpirli con maggiore durezza, trattarli come delinquenti a tutti gli effetti.

Fin qui il rappresentante del governo, ma le risposte critiche non si sono fatte attendere. Tanto per cominciare viene contestata la stessa emergenza denunciata dal ministro: i reati commessi da minorenni, che sono il 23,9 per cento del totale in Gran Bretagna, il 21,3 per cento in Francia e il 13,1 in Germania, non rappresentano in Italia che il 2,8 per cento dei reati complessivamente commessi. E’ vero che c’è allarme nell’opinione pubblica, ma è soprattutto determinato, si fa notare, non da una criminalità minorile ma da una criminalità adulta che si serve di minori. I minori vengono insomma usati da criminali adulti per il traffico di droga, la prostituzione, i borseggi. Si tratta dunque di colpire non tanto gli strumenti umani con cui questi reati vengono commessi, quanto gli organizzatori adulti di quelle attività.

Ma veniamo al merito delle innovazioni proposte dal governo. Ai tribunali per i minori vengono sottratte le competenze civili, affidate invece a sezioni specializzate dei tribunali ordinari. Saranno loro a decidere per esempio su affidamenti, adozioni, decadenza del diritto di patria potestà. Da questi organi giudicanti, composti di quattro magistrati, scompaiono i membri non togati, cioè pediatri, psicologi, psichiatri, criminologi: costoro saranno semplici consulenti esterni, fornitori di pareri non vincolanti che il giudice potrà interpellare se lo riterrà opportuno.

Al tribunale per i minori resta affidata la competenza per i reati penali commessi da persone fra i 14 e i 18 anni (resta infatti invariata la soglia di punibilità a 14 anni), ma dovranno irrogare pene più aspre a coloro che avranno già compiuto i 16 anni. Finora le attenuanti coprono un terzo della pena, con la riforma non supereranno un quarto. Inoltre chi compirà 18 anni durante l’espiazione della pena verrà trasferito dall’istituto penale per i minori al carcere ordinario. Questo è un dettaglio che provoca polemiche molto accese: se è vero infatti che al cuore della giustizia minorile dovrebbe essere la rieducazione, è altrettanto vero che non c’è niente di meno rieducativo di un carcere per adulti.

Altra norma duramente contestata quella che include la resistenza a pubblico ufficiale fra i casi ai quali si può applicare la custodia cautelare. Si tratta di un comportamento la cui valutazione offre alle forze di polizia, soprattutto nell’atmosfera fortemente emotiva delle manifestazioni di piazza, margini tradizionalmente troppo ampi di discrezionalità. Inoltre il carcere preventivo, per questa come per altre ipotesi di reato, dovrà essere diminuito di un terzo per chi ha meno di 18 anni e della metà per chi ne ha meno di 16: anche qui c’è un inasprimento considerevole, visto che le riduzioni attualmente in vigore sono della metà per chi ha dai 16 ai 18 anni e dei due terzi per chi ne ha men o di 16.

Non sorprende l’asprezza delle polemiche seguite all’annuncio governativo. Gli oppositori denunciano il proposito di cavalcare le paure dell’opinione pubblica, strumentalizzando fatti come il delitto di Novi Ligure (dove una ragazzina ha assassinato con un complice coetaneo la madre e il fratellino), che è stato del resto adeguatamente punito. L’accusa è di affossare decenni di una giustizia minorile fondata sulla rieducazione e sul recupero sociale: c’è chi parla con molte buone ragioni di provvedimento demagogico, di deriva autoritaria . Sono accenti polemici destinati a riproporsi in parlamento, anche in vista del più generale progetto di riforma dei codici.

                                                      o.g.

 

                                                     

FOGLIO LAPIS - MARZO 2002