Questo è un progetto di massima, andrà ovviamente interpretato e realizzato secondo le caratteristiche, le necessità e le finalità di ogni sistema scolastico nazionale o locale.

 

 

UNIVERSITA' DI MESSINA

ISTITUTO DI PEDAGOGIA

CATTEDRA DI PEDAGOGIA SOCIALE

 

 

Progetto di sperimentazione educativa e metodologico-didattica nella scuola dell'obbligo

A cura della Libera Associazione per il Progresso dell'Istruzione (Lapis)

e dell' Associazione Centro per lo Sviluppo Creativo "D.Dolci"

 

 

L'APPRENDIMENTO COME COSTRUZIONE DEL SOGGETTO CHE APPRENDE ovvero NESSI FRA APPRENDIMENTO E RICERCA

di Antonino Mangano

 

 

I. Osservazioni preliminari. Anacronismo della scuola e forme di mal-essere contemporaneo.

La scuola, nel suoi diversi ordini e gradi, non è certo l'unica responsabile delle forme di mal-essere che affliggono la società contemporanea, dai suoi livelli locali a quelli nazionali e perfino globali o planetari. Sarebbe però del tutto ingenuo e scientificamente scorretto negarle un ruolo sia nella genesi e pro-duzione del mal-essere (individuale, sociale) che nella prevenzione di esso, ossia nella soluzione dei problemi da cui il mal-essere deriva.

La scuola, in quanto ha a che fare con lo sviluppo del soggetto e quindi coi suoi poteri, le sue capacità, col suo modo di essere e di operare, ha un compito insostituibile a proposito delle diverse dimensioni della vita sociale. Non possiamo negare che ciò accada, ad es., a proposito della partecipazione politica (o democratica), dello sviluppo economico, della consapevolezza dei bisogni più vasti della specie umana e della biosfera nel momento storico che stiamo vivendo: ci si riferisce, per quest'ultimo aspetto, alla pace, alla qualità della vita non solo umana, al cambiamento di rotta nella produzione degli squilibri e degli sconvolgimento ecologici, all'uso "insostenibile" della tecnica, al contenimento progressivo della violenza contro l'uomo e la natura, nelle sue più svariate forme, ecc.. Il modo di pensare e di essere dell'individuo, dei gruppi umani, correlato com'è all'educazione, non è indifferente nella soluzione di tali problemi.

Non si vuole dire che la scuola sia del tutto inutile al giorno d'oggi, e che occorra dunque abolirla (come sostenevano, alcuni decenni fa, i descolarizzatori). Si vuole però sottolineare, a chiare note, l'anacronismo della sua "qualità", dei rituali metodologici didattici più radicati, e l'esigenza conseguente di innovazioni qualitative al suo interno, motivate queste ultime non solo dai bisogni sociali e individuali, ma anche dalla scienza più avanzata del nostro secolo.

L'apprendimento efficace non è quello che la scuola oggi ci impone. Nè si può pensare che le attitudini educative di cui qui si parla siano diverse dai poteri e dalle capacità (partecipazione, ricerca dei significati, attitudine a risolvere problemi) che occorrono per apprendere davvero.

Se ci si sofferma per un momento ad esaminare la società italiana, si scorgono diversi elementi di negatività, verso i quali la scuola non può dichiararsi estranea. Si vuole accennare a qualcuno di essi.

1.1 Emerge dalle statistiche recenti che oltre il 50% degli italiani non legge libri nel corso dell'anno e - quel che è più grave - non si vergogna di ammetterlo (considera cioè questo un comportamento abbastanza normale). In termini "educativi" ciò significa che la "formazione" ricevuta a scuola, cioè l'attitudine all'apprendimento sviluppata soprattutto nella fanciullezza e nell'adolescenza, non è di tipo aperto e permanente (non è proiettata verso il futuro, come dovrebbe), bensì di tipo chiuso, limitato agli anni di scuola. Nella scuola - lo sanno tutti - non apprendiamo ad apprendere (come invece dovremmo); - non apprendiamo di solito per soddisfare un bisogno intrinseco alla vita, il bisogno fondamentale di sapere e di crescere come aspetto della qualità della vita stessa - bensì "apprendiamo" per rispondere ad una richiesta contingente e strumentale: quella della scuola, appunto. Le origini storiche di tale atteggiamento - collegate in buona parte alle società "stazionarie" del passato - non sono difficili da capire. Ciò che si comprende meno è la persistenza anacronistica di tale obiettivo "educativo" e della metodologia che lo sostiene.

Chiamiamo perciò apprendimento chiuso e strumentale, l'apprendimento scolastico anacronistico, sottolineando in proposito la necessità urgente di un cambiamento di prospettiva.

1.2 Nella scuola sin dai primi anni delle elementari, e via via sino all'Università, elevatissima è la "mortalità" scolastica e accademica, la cosiddetta "dispersione" o spreco di potenzialità e di talenti naturali.

Molti degli obbligati - come si sa - non frequentano regolarmente le lezioni; molti di coloro che le frequentano vanno incontro ad insuccesso nell'apprendimento e abbandonano la scuola senza conseguire il titolo di studio relativo. L'insuccesso e l'abbandono, lo spreco, continuano in modo preoccupante durante la "formazione" post-obbligatoria, nella scuola secondaria superiore e nell'Università (per coloro che riescono ad accedervi). Sembra che in ambito accademico - ad es. solo 1 su 3 di coloro che vi si immatricolano riescono a laurearsi nel tempo normale, quello previsto dal rispettivo corso di laurea.

L'insuccesso viene ideologicamente motivato su base genetica (mancanza di doni di natura), anzichè attribuito al funzionamento delle istituzioni che hanno il compito di promuovere l'istruzione. Il fenomeno colpisce soprattutto le aree socialmente svantaggiate del territorio nazionale, principalmente alcune periferie urbane.

Gravi sono le conseguenze di questo spreco (specialmente nella scuola obbligatoria), per la vita individuale e per la società. Non disporre di un titolo di studio adeguato, e dell'attitudine all'apprendimento permanente oggi richiesta, significa, fra l'altro, vedersi preclusa in linea di massima la via della formazione e specializzazione professionale (ove il titolo di studio è ormai una premessa necessaria).

C'è qui, fra l'altro, un nesso fra scuola e mafia, anche se raramente esso viene sottolineato. I "dispersi" all'interno della scuola, coloro che l'abbandonano senza aver conseguito il titolo di studio, in quanto non riescono ad accedere alla formazione professionale che è oggi richiesta nel mondo del lavoro, in quanto si trovano nella posizione più svantaggiata all'interno della disoccupazione dilagante, trovano impiego nel mondo del crimine, diventano la manovalanza delle organizzazioni mafiose e contribuiscono al loro riprodursi.

In linea generale, a coloro che abbandonano la scuola risultano negati gran parte dei diritti umani fondamentali ( ad es. il diritto alla crescita permanente della personalità, prima accennato a proposito della propensione alla lettura; il diritto alla libera espressione e comunicazione dei pensieri; il diritto alla effettiva partecipazione democratica, o partecipazione alla determinazione dell'interesse pubblico, a vari livelli della vita associata; ecc.).

1.3 Preoccupante, risulta nella società italiana - come in altre società, dell'Occidente e non - la tossico-dipendenza, che si accompagna ad altre forme di mal-essere, soprattutto giovanile.

Ciò che non risulta chiaro nelle consuete analisi di questo fenomeno (o che forse non si vuole che risulti chiaro) è che la dipendenza a livello fisico-biologico (come dipendenza da sostanze stupefacenti) è di solito il momento conclusivo di altre forme di dipendenza, che è dipendenza mentale e intellettuale, assuefazione conformistica, repressione del bisogno di autonomia personale, della creatività individuale e di gruppo, dei poteri progettuali e co-progettuali nella risposta ai problemi dell'esistenza.

Chi si droga è stato defraudato - a parere delle Associazioni scriventi - di uno dei diritti irrinunciabili all'essere umano, costantemente attestati dalla storia e dalla preistoria: il diritto all'originalità come diritto alla diversità e all'autonomia personale e comunitaria. Tale diritto, certo, deve essere riconosciuto e protetto, come è ormai nelle dichiarazioni e nelle convenzioni a carattere internazionale, a cominciare dal 1948. Ma è ovvio che non giova riconoscere e proteggere un potere che nell'individuo non c'è, perché deve essere conquistato. L'originalità, l'autonomia, la creatività, la capacità progettuale, l'attitudine a risolvere i problemi sempre nuovi che la vita presenta, sono infatti dei poteri individuali che vanno acquisiti, che si sviluppano ad opera dell'educazione. Essi fanno parte della libertà "positiva" (diversa da quella "negativa") o libertà di innovare, di porre in essere nella realtà qualcosa che ancora non c'è e che, d'altro canto, risponde ai bisogni umani che via via si manifestano nella storia.

Fino a quando l'educazione non si attiverà per lo sviluppo della libertà positiva, come dimensione necessaria, scientificamente riconosciuta, della libertà, il "riconoscimento" e la "protezione" di gran parte dei diritti dell'uomo, compreso il diritto alla democrazia, rischiano di risultare una beffa e comunque patrimonio di minoranze, come in atto accade.. Tale aspetto dello sviluppo ha a che fare con le modalità di apprendimento, con la didattica più diffusa.

1.4 I problemi e le forme di mal-essere qui ricordati non sono esclusivi della società italiana, come prima si diceva. Nè sono solamente questi. La partecipazione politica, ad es., è in calo ovunque nelle "democrazie", per molteplici ragioni. Le spiegazioni ordinarie di questo fenomeno sono certo plausibili. Manca però di solito, nelle motivazioni della disaffezione politica, la percezione dello scarso senso dell'interesse collettivo, come interesse pubblico, che caratterizza a fondo la vita contemporanea, afflitta da chiusure individualistico-conformistiche, alle quali rimane estranea l'attenzione ai problemi comunitari, a vari livelli della vita sociale e civile (da quello locale o microcomunitario a quello macro-comunitario: nazionale, internazionale e intercontinentale/planetario). Non è difficile scorgere una responsabilità, anche a questo proposito, nella scuola di oggi e negli stessi docenti, ove l'atomismo individualistico e l'etero-dipendenza conformistica (due elementi di solito associati, segno del ristagno) non lasciano spazio alla reale vita di gruppo, quale vita interattiva, co-evolutiva, dinamicamente aperta al progetto innovativo, dal basso. Anche in questo caso vi è una responsabilità didattica.

1.5 L'anacronismo qualitativo della scuola contemporanea qui solo accennato, sostanzialmente caratterizzabile in un vuoto educativo o assenza di sviluppo dei poteri umani necessari sia ad apprendere in modo efficace che a vivere nel mondo contemporaneo (attitudine all'apprendimento permanente come capacità di risolvere problemi o capacità di ricerca, promozione e sviluppo dell'autonomia critica e della capacità creativo-progettuale, promozione o sviluppo dei diritti umani fondamentali a cominciare dalla libertà positiva, attitudine alla vita di relazione o cooperativo-interattiva, senso dell'interesse collettivo e pubblico, ecc.), l'anacronismo della scuola contemporanea, si diceva, non è esclusivo della scuola italiana, ma tocca, con lievi varianti, la scuola dei paesi industrializzati, e comunque le società del cosiddetto benessere (materiale): una scuola che forse non ha avuto neanche modo di capire il suo ruolo in rapporto ai problemi globali che via via sono andati emergendo dopo la seconda guerra mondiale, in un mondo divenuto ormai unitario; ma anche una scuola, vorremmo dire, inserita in un sistema di valori di tipo economicistico e tecnico ("moderno"), scarsamente sensibile ai bisogni dell'uomo e dei suo contesto naturale di esistenza.

Non si possono risolvere i problemi di oggi con il modo di pensare che li ha generati, scrive uno scienziato come Ervin Laszlo, richiamando Einstein. Il che equivale a dire che il cittadino del XXI secolo non può vivere nella società del suo tempo con le attitudini ricettivo-esecutive perseguite e imposte da un sistema didattico rimasto sostanzialmente a livello dei secoli precedenti (almeno nella qualità).

Che l'iniziativa, la partecipazione alla soluzione dei problemi locali e planetari, l'originalità, la creatività, il potere di sottrarsi criticamente all'oppressione conformistica e all'etero-dipendenza siano essenziali al giorno d'oggi non solo per apprendere, è stato anche, in fin dei conti, il messaggio che Michail Gorbaciov ha lanciato al mondo da una insolita tribuna (quella del festival di San Remo) il 25 febbraio 1999. Non è soltanto Gorbaciov a ragionare in questi termini. La scienza più avanzata del nostro secolo (quella che va sotto il nome di scienza della complessità e di scienza post-darwiniana dell'evoluzione), con i suoi risultati in fatto di scienza della natura e di scienze sociali, si muove, a quanto sembra, su questo piano.

 

2. Obiettivi della sperimentazione

Gli obiettivi della sperimentazione, correlati fra loro in una visione di interdipendenza reciproca ("complessa" e "sistemica", secondo termini scientificamente ricorrenti), vengono qui raggruppati in due categorie:

- obiettivi di carattere "negativo" finalizzato al rifiuto o alla difesa, in ambito educativo, dalle gravi forme di mal-essere, già accennate;

- obiettivi di carattere "positivo", inerenti allo sviluppo di tratti personali ritenuti indispensabili per una integrazione creativo-progettuale, anzichè passivo-ricettiva ed esecutiva, nella società contemporanea, da costruire via via come società democratica, nonvioienta, attenta ai bisogni/diritti dell'uomo e della natura.

Si indicano qui di seguito le due categorie di obiettivi.

 

Obiettivi di carattere "negativo"

- Lotta alla noia, al rifiuto della scuola che affligge gli educandi, giacchè la vita scolastica è generalmente (e storicamente) considerata alla stregua di una tortura da coloro che la frequentano. Si ipotizza che il lavoro scolastico possa cessare di essere lavoro alienante, e che solo in questo caso possa conseguire una maggiore e ben diversa produttività (in termini sia di apprendimento che di sviluppo di tratti o poteri personali non esclusivamente ricettivo/ripetitivi: due fattori che si correlano, corroborandosi a vicenda).

- Lotta alla "dispersione scolastica" e alle conseguenze che ne derivano sul piano sia individuale che sociale (vedi il precedente par. 1.2.). Si ipotizza che la dispersione dipenda da diversi fattori: la noia connessa al lavoro scolastico alienante, la mancata attivazione dei processi di ricerca e costruzione mentale dell'apprendimento, la mancata partecipazione di chi apprende all'apprendimento medesimo (dubbi e perplessità, osservazioni e connessioni personali, pensiero critico e pensiero divertente), l'assenza talora del lavoro di gruppo (che consente una visione "complessa", pluriprospettica, di ciò che si apprende), la valorizzazione (ora inadeguata o inesistente) della cultura d'origine dello studente.

- Superamento della concezione strumentale dell'apprendimento e della cultura scolastica, giacchè l'apprendimento e la cultura - quelli veri - non sono soltanto dei mezzi o degli strumenti per conseguire un pezzo di carta e una posizione nella vita, ma fanno parte essenziale del nostro modo di pensare e di essere, parte essenziale della nostra personalità (con E. Fromm diremmo che la cultura non è parte dell'avere, ma dell'essere di ciascuno di noi), Come parte dell'essere, la cultura non va soltanto ripetuta (come un fossile, una materia esterna cristallizzata e statica) ma va rielaborata e assimilata nel vivo processo di evoluzione personale (e sociale), come processo co-evolutivo (aperto quindi alla diversità delle prospettive e al loro incontro, anche scontro nonviolento: dentro la scuola, non solo fuori).

- Superamento della etero-dipendenza che caratterizza la vita scolastica. Il lavoro scolastico, nella scuola ordinaria, è alienante anche perchè, lungi dallo sviluppare l'autonomia e la creatività (una dimensione cioè della libertà) è di fatto finalizzato alla dipendenza dello studente da ciò che è stato pensato in passato, e comunque da ciò che viene pensato da altri. Si tratta di apprendere - lo si diceva prima - una materia inerte e cristallizzata, di acquisire un "arredamento" destinato ad essere in buona parte perduto, dimenticato, dalla mente.

Tale finalità del lavoro scolastico ha antiche origini storiche: data da epoca anteriore alla concezione aperta ed evoluzionistica della realtà, quando il mondo era considerato definitivo, costituito una volta per sempre, la scienza ricercava in esso "l'eterno presente" delle leggi naturali (al di là dell'apparenza dei fenomeni) e la conoscenza tramandata dai manuali ambiva a tale carattere di definitività. Si opina fra l'altro che il lavoro scolastico stenti ancora a recepire le istanze della vita liberale e democratica, le quali procedono appunto verso l'autonomia e la cooperazione, verso l'evoluzione individuale e collettiva, nel senso post-darwiniano della scienza contemporanea.

Associata alla massificazione omologante propria dei mass-media, la dipendenza scolastica contribuisce, come si diceva, ad aprire la strada alla tossico-dipendenza (v. par. 1.3.).

 

2.2. Obiettivi di carattere "positivo"

- Attivazione del processo di apprendimento come processo di ricerca: ricerca dei significati di ciò che si apprende, costruzione attiva del comprendere ("prendere insieme", imparare a costruire i nessi, inserire il nuovo in un contesto già esistente, che varia da un soggetto all'altro), accesso agli strumenti e alle fonti della ricerca (vocabolari, enciclopedie, cartografia storica e geografica, laboratori scientifici, risorse archeologiche e culturali in genere disponibili nel territorio, ecc.).

Ciò mette in questione la lezione dalla cattedra, o trasmissione continuativamente, esclusivamente unidirezionale o a senso unico, del sapere, che considera quest'ultimo come prodotto finito di orgine esterna (elaborato altrove), da interiorizzare coercitivamente.

Si è invece del parere che il sapere, a tutte le età, si costruisce ermeneuticamente, maieuticamente (v. Dolci), sulla base delle domande che noi rivolgiamo ad un testo, naturale o letterario che sia. La costruzione del sapere richiede così la partecipazione di chi apprende, a partire da una domanda, da un problema (posto dall'educatore, dalla classe, da uno qualsiasi dei condiscepoli).

Il soggetto che apprende deve essere aiutato su questa via, per apprendere non solo un contenuto, ma anche un metodo (quello di apprendere ad apprendere, di cui prima si è detto; di imparare a costruire il sapere, di "apprendere ad essere", secondo il Rapporto Faure di qualche decennio addietro), non di acquisire un patrimonio estrinseco, di cui ci si possa in seguito anche liberare.

- Risposta al bisogno di crescita continua o crescita permanente della personalità. Tale bisogno ha a fondamento la curiosità naturale, la quale si manifesta sin dai primi anni di vita (attraverso il gioco, ad es.)- curiosità che, invece di risultare repressa - come di solito accade nella scuola - può essere trasformata in metodo di ricerca. Il bisogno di crescita continua si pone anche in relazione con una società in cambiamento permanente, una società non più chiusa e statica, ma aperta e dinamica, in un mondo anch'esso "inconcluso" o in divenire.

La curiosità naturale si sviluppa sia sul piano personale che relazionale e richiede quindi l'interazione con l'altro (nel gioco, nel lavoro di gruppo).

- Risposta al bisogno di libertà "positiva". La libertà infatti si pone non solo come libertà dagli ostacoli e dalle costrizioni (dai regimi politicamente e socialmente dispotici, dalla miseria, dall'ignoranza), ma anche - lo si diceva prima - come capacità o potere di affrontare in modo creativo e cooperativo, individualmente e in gruppo, i problemi sia personali che globali o planetari inquinamento, squilibri fra Nord e Sud, pace, mafie, ecc. - che il mondo contemporaneo ha sul tappeto; di affrontarli nella consapevolezza dei mali che si abbattono sia sull'individuo (in termini di qualità della vita: droga, criminalità, malattie) che sulla biosfera nel suo insieme, come attacco alla vita e alle sue fonti (l'acqua, l'aria, la terra, il calore, ecc.) che affondano nella natura, o "res extensa", dalla modernità ritenuta estranea all'uomo ("res cogitans').

- Maturazione della nozione intellettuale ed etica dell'interdipendenza complessa, che la scienza oggi discopre all'interno della realtà naturale e sociale. Mentre la scienza, nella modernità, si era sviluppata obbedendo ad un paradigma atomistico (il tutto come aggregato di elementi fra loro separati e indipendenti, come somma di parti discrete), la scienza più avanzata del nostro secolo scopre i nessi di dipendenza reciproca e dinamica che fanno della realtà un "sistema" organico, "complesso" (o "tessuto insieme", secondo l'etimo di questo termine).

Sulla base di tale principio, ci si accorge che non solo l'uomo dipende dalla natura (la quale gli consente la vita a cui egli è evoluzionisticamente adattato), ma reciprocamente la natura dipende dall'uomo (che può inquinarla e distruggerla, oppure valorizzarla). Così, nell'ambito sociale, problemi come la pace, l'emigrazione intercontinentale, gli squilibri nelle condizioni di vita dei popoli della Terra, le mafie, i traffici illeciti ecc., non sono più questioni limitate ad uno stato o ad un continente, non riguardano solo i governi, ma richiedono il concorso a tutti gli stati, di tutti i popoli e dei loro governi, per essere portati a soluzione. Gli individui non possono più rimanere estranei a tali problemi, delegare ad altri le decisioni, ma devono responsabilmente partecipare alla loro soluzione, come Gorbaciov, sul palcoscenico di San Remo, riconosceva.

Per questo, non si può pensare, oggi, di "educare" gli individui cacciando a forza nella loro mente le idee pre-confezionate dei manuali, che ambiscono fra l'altro allo status di verità definitive, in sè compiute. Occorre educare a pensare, a vivere affrontando i problemi che ci riguardano. E ciò fa parte, ci sembra ancora una volta, dei diritti umani e della qualità della vita. Fa parte delle modalità di apprendere davvero, di apprendere in modo efficace.

 

3. Le riforme scolastiche in Italia

Si parla oggi giustamente, in Italia, di riforma della scuola. Ne era tempo! Si apprezzano, da parte di chi scrive, gli intenti del ministro Berlinguer e di coloro che pensano a riformare le istituzioni intenzionalmente educative. Si apprezza l'impegno teso a rivalutare la funzione docente, che costituisce una premessa necessaria delle riforme. C'è però, in tali progetti, un'attenzione alla qualità della scuola, come parte della qualità della vita? C'è la percezione adeguata di un nesso fra scuola e vita sociale contemporanea?

 

4. Adempimenti ulteriori

La parte piuttosto tecnica di questo progetto sarà elaborata da un gruppo di esperti: essa dovrà occuparsi dei seguenti aspetti:

- Le ipotesi, da desumere fondamentalmente dagli obiettivi della sperimentazione (v. pat.2.);

- La metodologia sperimentale, che si avvarrà probabilmente del metodo dei "gruppi contrapposti ("gruppo sperimentale" e "gruppo di controllo");

- La preparazione dei docenti che saranno impegnati nella realizzazione dei progetto; il ruolo ad essi riservato nella definizione di eventuali aspetti del progetto stesso;

- La partecipazione delle famiglie degli allievi impegnati nel "gruppo sperimentale";

- La distinzione all'interno del progetto, fra i due gradi della scuola dell'obbligo;

- Altri aspetti: reclutamento dei docenti; ubicazione del progetto (preferibilmente in un quartiere urbano periferico, durata del progetto, orari, programmi, moduli, ecc.).

 

N.B.: La Lapis considera essenziale che l'organizzazione della scuola di base dia largo spazio alle attività tecniche, con l'allestimento di speciali laboratori e la frequentazione di stage di addestramento presso banche, fabbriche, laboratori scientifici e botteghe artigiane. In questo modo è possibile non solo fornire competenze professionali, ma anche contribuire a colmare il fossato tradizionale fra la scuola e la vita. Inoltre si favorisce l'integrazione degli alunni stranieri nella scuola e nella vita.

 

 

 

 

 

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