FOGLIO LAPIS - MAGGIO 2002

 
 

Tempo di poesia e di “paesia” – Come un pesce si trasforma in gatto e mangia se stesso - Che c’è di meglio di un girotondo per asciugarsi dopo un bagno di folla? – Può non venire la rima, può non venire la Roma – Può darsi che il girotondista più piccino finisca con il prendere il volo, dopo che la forza centrifuga lo ha trasformato in piccione – Il piacere di poter girare anche all’incontrario, cosa che la Terra non può permettersi: ma il Mondo sì, grazie alla fantasia

 

Il mimacolo italiano

Qui comincia la sventura del premièr Berluscadura...
Chi le conta dal balcone tre milioni di persone?...

 

Si fa presto a dire: Questo è un congegno di Fantastica congegnato presso il plesso complesso scolastico di Montevarchi, che comprende materna elementare e media. E fu tutta poesia. Ma fu anche “paesia”. Si parte dalla parola “pesce” e, sostituendo in ordine inverso, dalla fine all’inizio della parola, una lettera dopo l’altra, si passa rapidamente a “pèsco”, “pesto”, “petto”, “patto”, “gatto”. E il gatto salta sul banco, prende il pesce e schizza via… dove? Dove può mangiarselo tranquillamente. Ma questo non è che un assaggio scherzoso, ancora ben lontano dalle innumerevoli ambilinguità potenziali che, nella lingua “paetica” della “paesia” e per l’intera gamma dei suoi fattori, possono determinare nel con-testo del paese, da Montevarchi a Poggioscali, se scali il monte e non varchi il poggio, una persistente tensione, paragonabile forse a quella del tessuto connettivo che tiene insieme le parti di un “gatto” e ne esalta la vivacità nella viva città.

E’ così che pensammo di fare i “girotondisti” in giro per Montevarchi e, poi, direttamente a Roma, il 2 e il 23 Marzo.

Sono due sabati, e non c’è scuola. Siamo partiti con tre pulmini per fare due “bagni di folla”, avendo già fatto “due salti in padella”.

     “In quale mari?”, chiese un ragazzo.

     “In quale rima… vorrai dire!”, gli risposi io:

 

     “Senti? E’ il suo ticchettìo

     Così disperato giocare

     La cosa chiamata poesia…

     Quella vorresti fare?”

 

Ne facemmo tantissima. La più divertente è riportata all’inizio.

Per non affondare però il coltello nello spiega (io spiego, tu spieghi, egli spiega), non mi diffusi a spiegare al ragazzo come si dessero anche casi in cui, pur non essendovi in apparenza, c’era una qualche rima surrettizia, un suo equivalente più o meno casuale; o che la rima poteva benissimo venir surrogata dal ritmo del quale è la sorella.

Il ritmo è più facile: lo scoprimmo facendo molti girotondi nelle piazze di Montevarchi. Era uno spettacolo! Si univano anche i mammi usciti per fare la spesa. E ai mammi si univano le babbe, le barbe e le Barbie. E, infine, ci fu quello straordinario momento:

 

     … uno strano girotondo, mamma,

     uno che certo affanna

     i cuori come il tuo, soli ed amanti,

     sugli ultimi mari della rima naviganti,

 

dove il giovanissimo Poeta non parla più come un figlio alla madre, ma come a una donna un uomo: solidale con le sue passioni e con tutti i possibili segreti del suo cuore. Mentre per quasi tutti i figli si direbbe che padri e madri non debbano avere altri sentimenti se non nell’ordine del proprio Stato.

Rima è, come insegna ogni dizionario, “consonanza per identità di suono di due o più parole dalla vocale accentata alla fine”…

A Roma, dopo aver fatto due “bagni di folla”, coinvolgemmo, in un giiiiirotondo fatto per asciugarci, un romano che non riusciva a fare la rima, e ci diceva:

     “’A rima, capisci? Nun me viè ‘a rima!”…

     E un ragazzo gli disse:

     “’A Roma, capisci? Nun me viè ‘a Roma!”…

     Fu un mimo esplosivo, che coinvolse anche i laziali.

     Esclamai: “E’ il mimacolo italiano!”.

Tornando verso i pulmini, poiché Roma era ferma, colsi l’occasione di farfare un girotondo sopra le strisce d’attraversamento di una strada, e, ridiridi, ridi-cevo:

“C’è qui una lingua-zebra. Il segno tace e tuttavia significa che pericolo c’è…”

Infatti, accelerando, nei girotondi vengono dentro due forze latenti, che non si pre-vedono: una centripeta, l’altra centrifuga, e le mani devono serrarsi più forte, asserragliarsi l’una nell’altra, che de-raglia, finché il più piccino diventa un piccione, perché è già grande, e prende il volo nella piazza. Si fa, allora, un test’aterra, e si ricanta:

 

     Girogirotondo

     Casca il Mondo

     Casca la Terra

     Sul più vicino

     Cade in terra

     Il più…

     Piccino.

Quindi si riprende a girare nel senso in-verso, cosa che la Terra non può fare… Ma il Mondo, sì! Perché l’uomo è l’unica creatura in cui abbonda la Fantasia del Creatore.

                                                            Filippo Nibbi

 

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