FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2021

 

La pandemia ha accelerato la transizione verso le nuove tecnologie. Sapersi destreggiare con il computer è insieme una necessità e un diritto. Un luogo comune da smentire: non è vero che i giovani possano mediamente considerarsi “nativi digitali”

 

Il tema della digitalizzazione, che interessa ormai quasi tutti i settori del nostro vivere quotidiano, dalla scuola alla pubblica amministrazione, dalla cultura alla salute al commercio, fino a coinvolgere i rapporti sociali e di lavoro, in questo periodo di pandemia da Covid 19 ha subito un rapido processo di accelerazione. Che del problema vi sia una sensibilità non solo a livello nazionale ma europeo è testimoniato dalla relazione DESI (Digital Economy and Society Index) pubblicato dalla Commissione europea in cui si fa il punto, fra le altre cose, del capitale umano digitale europeo, ovvero il livello di competenze digitali in possesso dalla popolazione di ogni Paese membro.

Il rapporto 2020 indica una media europea di competenze in lento progresso, pari a circa il 49%. Tale livello, come è facilmente prevedibile, varia da Paese a Paese, e va da un massimo dell’88% in Finlandia, al 63% nei Paesi Bassi, 56% in Germania, 47% in Francia. L’ultimo posto lo occupa purtroppo l’Italia, con il 32%.

Anche la relazione Digital Education Hackathon, presentata a novembre 2020, se da una parte ha dimostrato l’importanza delle soluzioni digitali per l’insegnamento e l’apprendimento, dall’altro ha fatto emergere le carenze esistenti. Spunti su cui riflettere e da prendere in considerazione nelle strategie di sviluppo tecnologico per il futuro del nostro Paese, anche alla luce degli ingenti investimenti compiuti in infrastrutture digitali per l’istruzione e la formazione.

Interessante è anche notare come contrariamente alla percezione diffusa che i giovani di oggi appartengano a una generazione di "nativi digitali", i risultati dell'indagine OCSE indicano che molti di loro non sviluppano competenze digitali sufficienti, a prescindere dal paese di appartenenza. Dati confermati anche dalla prima indagine pilota sulla povertà educativa digitale realizzata recentemente in Italia da Save The Children in collaborazione con il Cremit. I dati OCSE indicano, inoltre, che gli insegnanti, nei paesi dell'UE, sono raramente formati sull'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) e che segnalano una dilagante necessità di formazione nel loro utilizzo per l'insegnamento.

Il programma Digital Europe intende contribuire a sostenere la ripresa dell'Unione, duramente colpita dalla pandemia di Covid-19, affiancandosi agli strumenti previsti dal Recovery Fund e al Green deal europeo. L’obiettivo del programma, che intende coprire un arco di tempo fino al 2027, è mettere in atto un intervento pubblico a sostegno dei settori tecnologici in rapida evoluzione, come il calcolo avanzato, la gestione dei dati, la cybersicurezza e l'intelligenza artificiale. L'adozione di un programma a livello UE è necessaria non solo per pianificare e finanziare congiuntamente interventi comuni, ma anche per garantire che i vantaggi derivanti dalle nuove tecnologie digitali siano pienamente condivisi in tutta l'Europa.

Siamo convinti che il digitale sia la strada maestra perché si possa costruire una società più moderna e inclusiva e che oggi, più che mai, essere digitalmente competenti sia oltre ad una necessità anche un diritto imprescindibile. Ma tale diritto per essere esercitato richiede l’adozione di azioni strutturali e permanenti, nonché di un costante impegno di sviluppo e adeguamento delle capacità digitali possedute o da acquisire. Interessante al riguardo è la recentissima istituzione, nel nostro Paese, del Servizio Civile Digitale, che intende investire sui giovani, sulla loro formazione e sul loro ruolo di cittadini attivi, quali vettori di cambiamento e li reputa capaci di trasmettere ai loro concittadini le competenze necessarie per non precipitare nell’esclusione digitale e sociale.

                                                                      Clemente Porreca        

 

 


                                           

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