FOGLIO LAPIS - GIUGNO - 2008

 
 

Vi sono coinvolti quasi mezzo milione di studenti e centomila docenti distribuiti in venticinquemila commissioni d’esame – Il rito della maturità muove un’articolata, e costosa, macchina organizzativa – Ma suscita anche tradizionali polemiche, e come se non bastasse c’è stata quest’anno la deprimente sceneggiata degli strafalcioni ministeriali nelle tracce dei temi – Anche in Francia, dove il baccalauréat interessa oltre seicentomila candidati, l’antica istituzione è sotto il tiro della critica

 

Il tema d’italiano, il toto-tema su cui si sbizzarrisce la stampa, la guerra preventiva contro cellulari e palmari, tecnologicamente in grado di stabilire impropri collegamenti fra i candidati rinchiusi in conclave e il mondo esterno, con tutta la sua potenziale ricchezza di dati, argomenti e suggerimenti. È così che tradizionalmente s’inizia il rito annuale della maturità. Quest’anno riguarda oltre 496 mila studenti e circa centomila docenti che costituiscono venticinquemila commissioni d’esame. Nell’esercito dei maturandi c’è una leggera prevalenza femminile, il 51 per cento, che nei licei raggiunge quasi i due terzi del totale. Poco meno di un terzo degli studenti hanno vent’anni o più: sono dunque più o meno in ritardo rispetto alla maggioranza, che si presenta all’appuntamento all’età normale di diciannove anni. Ci sono anche ventimila ragazzi/e al di sotto di questa età. Ci sono infine dodicimila stranieri, per circa i tre quarti al di sopra dei diciannove anni d’età.

Come ogni anno, anche in questi giorni si riapre il dibattito attorno all’utilità di questa prova, più in generale attorno all’efficienza dell’istruzione secondaria che qui trova la sua consacrazione formale. Secondo le statistiche la maggioranza degli studenti che frequentano il primo anno d’università incontra serie difficoltà nell’impatto con l’istruzione superiore, per molti di loro l’esperienza porta a un rapido naufragio. Non a caso il risultato dell’esame di maturità gode di pochissima considerazione sia in sede di ammissione all’università, sia da parte dei datori di lavoro. C’è dunque chi non senza qualche ragione chiede che questo rito farraginoso e costoso (183 milioni di euro la previsione di spesa) sia trasformato in un esame più rigoroso e selettivo (oggi non lo è affatto: la percentuale dei promossi sarà come al solito di appena quattro o cinque punti al di sotto del cento per cento), preceduto da studi più approfonditi e meglio organizzati. E condotto, se possibile, all’insegna dell’efficienza o almeno della decenza: è intollerabile che la burocrazia ministeriale sforni, com’è accaduto quest’anno con l’italiano, il greco e l’inglese, tracce di temi con incredibili strafalcioni.

Se la cosa può consolare, possiamo aggiungere che l’esame conclusivo della scuola secondaria è sotto tiro anche in altri paesi, per esempio in Francia. Anche qui è tempo di maturità, anzi di baccalauréat: e anche qui si tratta di un rito solenne ereditato dal passato. Secondo Xavier Ducros, ministro dell’educazione nazionale, siamo addirittura di fronte a “uno dei blocchi di granito su cui si regge la Repubblica”, ma si sa che i francesi indulgono volentieri alla retorica. Le statistiche del bac ci parlano quest’anno di quasi 616 mila candidati, divisi fra un 51 per cento dell’indirizzo scientifico, un 30 dell’economico, un 19 del letterario. Saranno valutati da quasi 150 mila esaminatori, che dovranno vedersela con quattro milioni di prove scritte. I dati forniti dalla stampa francese ci offrono un singolare dettaglio: il più giovane fra i candidati alla maturità ha tredici anni, il più vecchio sessantatre.

Del resto anche in Francia è tempo di critiche e di riforme. Esattamente come nelle università italiane, anche qui gli studenti del primo anno arrivano dagli istituti secondari carichi di lacune. E poiché si profila un’articolata riforma del sistema educativo, alcuni ne approfittano per chiedere che la scuola secondaria sia finalmente adeguata ai tempi. Ma come riferiamo in altra parte del giornale la riforma che il ministro Ducros sta mettendo in cantiere sembra animata da finalità non esattamente coincidenti con quella di migliorare il rendimento culturale del sistema: prima fra tutte quella di tagliare le spese per migliorare i bilanci pubblici in affanno. Tempi duri per tutti dunque, ma almeno alla scuola francese è risparmiata l’umiliazione di un ministero che non è nemmeno in grado di fornire materiale corretto all’elaborazione degli studenti.

 

                                                          Fredi Sergent 
                                         

    


                                                  

 
 

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