FOGLIO LAPIS - GIUGNO 2005

 
 

Il decreto legislativo sull’istruzione del secondo ciclo prevede per l’anno scolastico 2006-07 la partenza del nuovo sistema – Ma non sembra possibile avviare in tempi così stretti, dopo un solo anno di sperimentazione, una ristrutturazione così profonda – Rispetto alle prime indicazioni, è stato corretto il principio della “licealizzazione” applicato all’istruzione secondaria: alle scuole tecnologiche e economiche è stata infatti restituita un’identità specifica

 

Lo scorso 27 maggio il consiglio dei ministri ha lanciato il decreto legislativo sul secondo ciclo dell’istruzione, presentato dal ministro Letizia Moratti. Si tratta di uno schema scaturito dopo una lunga serie di ripensamenti e ritocchi, dovuti soprattutto alle osservazioni e alle critiche che alla bozza originaria erano state rivolte dalle stesse forze della maggioranza governativa. Articolato sulla bipolarità licei-istruzione e formazione professionale, lo schema si differenzia dalle versioni che lo hanno preceduto soprattutto per una caratteristica: alla iniziale insistenza sul principio della “licealizzazione” della scuola secondaria si è sostituito un sistema binario. Da una parte i licei generalisti, a cominciare dai tradizionali classico e scientifico, dall’altra quelli tecnico-professionali: liceo tecnologico e liceo economico. “Nel liceo economico e nel liceo tecnologico – si legge nel comma 7 dell’articolo 2 – è garantita la presenza di una consistente area di discipline e attività tecnico-professionali tale da assicurare il perseguimento delle finalità e degli obiettivi inerenti alla specificità dei licei medesimi” Si è in pratica ricostituita, non soltanto nel rapporto fra i licei e il sistema dell’istruzione e formazione professionale, ma anche all’interno dello stesso universo liceale, la dicotomia che da sempre caratterizza l’istruzione secondaria italiana.

Come sempre capita quando si tratta di riforma scolastica, anche la presentazione di questa nuova tappa ha suscitato aspre polemiche. Non tanto per i contenuti del decreto, quanto soprattutto per il modo in cui è stato elaborato e per la sospetta mancanza di copertura finanziaria. L’opposizione politica accusa il ministero di avere fatto calare il decreto dall’alto, senza un’approfondita consultazione degli operatori scolastici e di quelli istituzionali. In particolare colpisce, in tempi di enfasi sulla trasformazione federalista dello stato, il fatto che l’elaborazione della riforma ha di fatto scavalcato le regioni. È vero che il decreto si limita a fissare le linee generali dell’ordinamento scolastico, ma resta il fatto che le regioni, titolari della responsabilità organizzativa e della gestione, dovevano essere considerate interlocutori naturali e obbligati. La questione è resa ancor più delicata dal fatto che le ultime elezioni regionali hanno disegnato una mappa del potere decentrato che vede ben sedici regioni governate dalle forze dell’opposizione politica centrale, solo quattro (Lombardia, Veneto, Molise, Sicilia) dai partiti dello schieramento governativo.

Un’altra questione animatamente dibattuta riguarda i tempi di attuazione del nuovo schema. Le prime classi dei nuovi licei e dei percorsi di istruzione e formazione professionale, si legge nell’art. 27 del decreto, partiranno con l’anno scolastico 2006/07: la riforma dovrebbe dunque essere completa a partire dal 2010/11. Ma sarà davvero possibile?  Dalle regioni, e non  soltanto da lì, si risponde con un coro di dubbi. Una riforma così profonda non s’improvvisa, soprattutto quando i bilanci pubblici si trovano nelle condizioni disastrate che sono sotto gli occhi di tutti. In particolare degli operatori scolastici: da ogni parte d’Italia arrivano i lamenti dei capi d’istituto che denunciano i tagli dei fondi per la didattica e l’amministrazione, annunciati dai Centri servizi amministrativi (gli ex Provveditorati) proprio a ridosso della fine dell’anno scolastico. Nel decreto (art. 30) si quantifica in 45 milioni di euro l’onere della trasformazione della scuola secondaria per il 2006. In quali pieghe del bilancio sarà possibile scovarli? Insomma si parla di riforma fatta al buio, senza le necessarie risorse, senza considerare i problemi di chi dovrà praticamente attuarla.

Si parla fra l’altro di una sperimentazione che dovrebbe partire subito, da parte delle scuole che ne hanno la possibilità, per esempio in materia di organici. Ma non ha molto senso una sperimentazione destinata a durare un solo anno, e a precedere immediatamente l’entrata in vigore delle nuove linee. L‘approccio sperimentale non dovrebbe forse servire ad aprire discussioni, a verificare sul campo le novità introdotte dal decreto, eventualmente a modificarle e migliorarle? Insomma i nuovi licei della riforma Moratti nascono, dopo una lunga gestazione, in un clima perturbato e denso d’incognite. Quei licei sono otto (classico, scientifico, linguistico, umanistico, artistico, musicale-coreutico, economico, tecnologico), e alcuni di essi vengono articolati in indirizzi (il liceo economico ne avrà due, tre l’artistico, addirittura otto il tecnologico), che nell’insieme portano a una ventina di diversi piani di studio.

 

                                      f.s.

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