FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2018

 
 

All'esame che conclude il triennio della secondaria di primo grado, il tradizionale componimento sarà sostituito dalla scelta fra diverse prove, fondate sulla comprensione testuale più che sulle conoscenze acquisite – Anche alla maturità ormai da tempo altri tipi di prova si affiancano al tema letterario – Ottime le intenzioni, ma c'è chi teme che la novità possa nascondere una sorta di strisciante rimozione della cultura letteraria

 

La prova d'italiano! Molti di noi la ricordano con un brivido: era l'atto iniziale dell'esame, quello decisivo perché segnalava la capacità di esprimere e sviluppare concetti e ragionamenti, di testimoniare la preparazione raggiunta negli anni di scuola, di mostrare la perizia nella scrittura. Soprattutto all'esame di maturità la prova d'italiano era la chiave potenzialmente capace di aprire la porta verso la vita adulta, verso l'università. Si poteva scegliere fra varie proposte, dal classico tema letterario a quello storico, dal componimento di storia dell'arte a quello che esplorava le vie della scienza. Alcune ore a disposizione, quindi la consegna di quei fatidici fogli protocollo scritti a mano, e poi subito a pensare alla prova dell'indomani: matematica, latino, greco, a seconda del tipo di scuola che si andava a concludere. Tradizionalmente era il tema letterario il prediletto dagli studenti, e lo è tuttora, anche dopo che gli sono state affiancate prove di scrittura fondate sul principio della comprensione testuale piuttosto che sulla finalità di dimostrare le conoscenze acquisite.

Il ministero dell'istruzione si propone di formalizzare questa tendenza, che di fatto intacca l'antico tabù del tema classico. Presentando le linee-guida per la prova d'italiano all'esame che chiude l'ottavo anno di scuola (il vecchio esame di terza media per intenderci), e prospettando analoga iniziativa per la maturità, Viale Trastevere rende pubbliche le conclusioni raggiunte dalla commissione che aveva incaricato di riformare la materia. Il tema letterario, dunque, viene sostituito dalla possibilità di scegliere fra tre diverse prove: la sintesi di un testo, lo sviluppo di un input, per esempio il punto d'inizio di una vicenda, la dimostrazione di una tesi o il confronto fra due tesi antitetiche. Linee-guida, che toccherà poi alla scuola tradurre in pratica sia nella formulazione delle prove d'esame, sia a priori nella didattica. L'accento è sulla necessità di preparare gli alunni alla comprensione dei testi, che come dimostrano sistematicamente le statistiche internazionali è oggi nel nostro paese piuttosto carente.

D'altra parte, siccome nel nostro paese è carente anche la preparazione culturale, ci si chiede se il sacrificio del tema letterario non sia tale da comprometterla ulteriormente. A questo rilievo si risponde di solito con l'accusa di nutrire nostalgia per la scuola elitaria del passato, fondamentalmente slegata dalla vita e dalle sue pratiche necessità. É evidente che entrambe le motivazioni hanno aspetti convincenti: salvaguardare la tradizione culturale ma anche preoccuparsi di educare giovani capaci di affrontare le sfide del mondo contemporaneo orientandosi nei meandri della comprensione testuale e dell'argomentazione dialettica. Il difficile dosaggio fra questi elementi andrebbe realizzato nella didattica, e quanto alla prova d'esame perché non lasciare, accanto alle utilissime innovazioni prospettate dal ministero, la possibilità di scegliere anche il tema classico? In fondo quella di cui parliamo continua a  chiamarsi prova d'italiano.

 

 

                                                          r. f. l.                                    

    


                                                  

 
 

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