FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2010

 
 

C’è un pronto soccorso per interventi d’urgenza sui malanni della nostra lingua – Si trova a Firenze (e dove se no?), presso la veneranda Accademia della Crusca – Un servizio di consulenza in rete per risolvere dubbi ortografici o lessicali – Di iniziative del genere c’è davvero bisogno, vista la quantità di errori macroscopici che emergono ogni volta che esami o concorsi comportano la necessità di prove di scrittura – Ancora una volta bisogna chiamare in causa la scuola, ma anche stampa e tv

 

Volete sapere come si usano il trattino o i due punti? Se è corretto dire la presidentessa o è preferibile la presidente? Se il verbo avanzare può essere usato in senso transitivo? Se la parola latte dispone di un plurale? Se un certo  neologismo, o l’anglicismo di turno, si possono utilizzare? Insomma, volete venire a capo dei dubbi che vi possono investire nell’uso della lingua, evitando errori e strafalcioni, o semplici ineleganze lessicali? Ecco un servizio che sarebbe difficile immaginare più autorevole: a venirvi incontro è l’Accademia della Crusca, la storica istituzione che  da oltre quattro secoli vigila sulle sorti della lingua italiana. Nata a Firenze nel 1583 con lo scopo di codificare il volgare toscano usato da Dante e dagli altri grandi della cultura fra Medioevo e Rinascimento, l’Accademia si affida alla rete per offrire, tra le altre cose, una preziosissima consulenza: http://www.accademiadellacrusca.it. È anche possibile consultare l’archivio delle risposte, che sono sempre articolate e documentate. Le stesse risposte saranno presto pubblicate in un volume dal titolo La Crusca risponde.

È dunque possibile con quell’impagabile strumento che si chiama Internet concedersi, e senza nemmeno muoversi da casa, quel salutare esercizio di ripulitura dell’italiano che il lombardo Alessandro Manzoni definì con una celebre espressione: “risciacquare i panni in Arno”. Per i più raffinati, l’Accademia ha messo in rete la prima edizione, quella del 1612, del suo celebre Vocabolario: http://vocabolario.signum.sns.it. Il sito della Crusca si fa notare per l’efficace connubio di eleganza e tradizione. Per esempio le sue singole parti sono allineate in una serie di icone che riproducono pale da forno: si riprende così la simbologia antica, quella dei “cruscanti” che irridevano alle pedanterie degli accademici classici e vollero ironicamente intitolarsi proprio alla parte del macinato che andava setacciata, per purificare le farine della lingua. E che singolarmente si davano nomi d’arte come Trito, Infarinato, Impastato.

L’allegoria del forno dunque, e del lavoro ben fatto, e l’idea di una lingua viva e in buona salute associata a un pane fragrante e ben lievitato. Oggi non si può certo dire che questa similitudine sia d’attualità: dell’italiano si fa generalmente un uso rudimentale, approssimativo, pieno di inutili contaminazioni da altre lingue. Un uso che sfrutta soltanto in minima parte le enormi potenzialità espressive del linguaggio che abbiamo la fortuna di ereditare dalla nostra storia: per esempio le risorse di certi modi e tempi verbali negletti da tempo, come il congiuntivo o il futuro anteriore. Per di più è frequentissimo un parlare e scrivere scorretto, spesso anche da parte di chi ha alle spalle l’intero percorso educativo, dalla scuola materna all’università. Di recente alcune decine di candidati hanno partecipato a un concorso per alcuni posti di vigile urbano: tutti bocciati per clamorosi errori di ortografia. Notizia tanto più amara se si pensa che quel concorso si è svolto a Pitigliano, il comune in provincia di Grosseto che ebbe fra i suoi sindaci Alberto Manzi, l’indimenticabile maestro televisivo di Non è mai troppo tardi. La stessa cosa è capitata a Orbetello: stavolta si trattava di ventiquattro laureati in lizza per un posto di dirigente. Prove scritte impresentabili: tutti esclusi. Qualcosa di analogo si è registrato perfino nei concorsi per accedere alla magistratura: gli esaminatori si sono trovati di fronte elaborati incredibili per sostanza e forma, insomma con errori a volte macroscopici di scienza giuridica illustrati con un italiano da dimenticare!

È evidente che, al solito, qualcosa non va nella scuola. Il nostro sistema educativo non è dunque in grado nemmeno di trasmettere una buona conoscenza della lingua italiana? Così pare, e la carenza si manifesta attraverso la scarsa educazione alla lettura. Gli italiani leggono poco, o non leggono affatto, e dunque la loro frequentazione della lingua è ridotta a un uso essenziale che finisce con l’immiserirla. Un’altra parte di responsabilità tocca alla stampa, che impiega non di rado un italiano grossolano quando non proprio scorretto. E alla televisione, dove certi dibattiti fra politici urlanti, che fanno a gara per coprirsi vicendevolmente la voce, offrono non soltanto un modello volgare in termini di comportamento, ma anche un linguaggio approssimativo e spesso altrettanto volgare. Auguriamoci che le persone maggiormente coinvolte in questa degenerazione che non è soltanto linguistica, dagli insegnanti ai giornalisti, si sentano in dovere di correre ai ripari. Che i politici si rendano conto del pauroso difetto di stile che mediamente li contraddistingue quando sono chiamati a dialogare in tv, e sappiano finalmente alternare ai loro scomposti battibecchi qualche incursione fra le perle della Crusca. Potranno imparare molte cose: non soltanto un italiano corretto ma anche l’arte di argomentare pacatamente le idee.

 

                                                         Alfredo Venturi 
                                         

    


                                                  

 
 

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