FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2008

 
 

José de Souza Martins, sociologo dell’università di Sao Paulo, analizza uno fra i fenomeni sociali caratteristici del nostro tempo: il modificarsi del tipo di competenze richieste dalla società contemporanea – Giusto combattere l’evasione scolastica, che nel paese latinoamericano conosce punte assai elevate soprattutto nelle grandi aree metropolitane: ma bisogna anche rivedere la concezione della scuola, chiamata a formare persone in grado di adeguarsi alle mutevoli esigenze sociali

 

Ci sono in Brasile, nella classe d’età compresa fra i 18 e i 29 anni, più di 800 mila analfabeti e circa otto milioni di giovani che non hanno completato il primo ciclo d’istruzione. Secondo quanto denuncia sul quotidiano O Estado de Sao Paulo il prof. José de Souza Martins, ordinario di sociologia nell’università di Sao Paulo, a proposito di queste cifre bisogna registrare una novità rispetto al passato: se una volta l’analfabetismo e il semianalfabetismo dilagavano soprattutto nelle campagne, oggi questo fenomeno si concentra nei grandi agglomerati metropolitani. Nonostante il dinamismo del Brasile di oggi, quei nove milioni di giovani hanno davanti a sé un domani contrassegnato dalla miseria, e soltanto le politiche assistenziali applicate dall’attuale governo, come il programma “Fame Zero”, potranno sottrarli all’inedia. Ovviamente aleggia su quel futuro lo spettro della tentazione criminale.

La società brasiliana si batte, con le sue istituzioni, contro la piaga dell’evasione e della dispersione scolastica. Ma secondo de Souza Martins questo non basta. Di fronte alle sfide della società contemporanea bisogna anche ripensare il ruolo della scuola. La società di oggi si regge sull’educazione permanente, per i suoi componenti si pone la necessità di adeguarsi continuamente a esigenze nuove e mutevoli. In poco più di una generazione siamo passati dalla scrittura manuale o dattilografica alla tastiera del computer, dalla medicina basata sull’auscultazione a quella che si fonda sull’ingegneria e sul laboratorio. Perfino le attività militari richiedono nuove competenze: per guidare un carro armato, fa notare il sociologo di Sao Paulo, oggi bisogna conoscere l’algebra.

Tutto questo porta a una mutazione del concetto di analfabetismo, o per meglio dire alla realtà di un nuovo analfabetismo, che riguarda per cominciare tutti coloro che non padroneggiano le tecniche informatiche. Il computer ha creato dall’oggi al domani milioni di nuovi analfabeti; non basta più infatti per sfuggire a questa umiliante classificazione saper leggere e scrivere, se non si è in grado di adeguare la propria competenza alle richieste di una società che ormai vive nella dimensione digitale.

Di fronte a questa sfida la scuola brasiliana, lamenta de Sooza Martins (ma il suo discorso può benissimo applicarsi in altre latitudini e longitudini, comprese le nostre), è drammaticamente ferma. Si preoccupa infatti esclusivamente d’impartire nozioni, quando dovrebbe oltre a questo, e in via prioritaria, impegnarsi nella formazione di persone intelligenti e flessibili, capaci di adattarsi ai cambiamenti del mondo, di comprendere fino in fondo la necessità dell’aggiornamento continuo. La vera alfabetizzazione deve consistere oggi nel mettere gli individui in grado d’interagire con la società, attraverso gli strumenti informatici, e di non esserne sopraffatti. Altrimenti la scuola non farà che produrre nuovi analfabeti.

Ben vengano dunque le misure volte a contrastare il fenomeno che ha prodotto quei nove milioni di giovani paria, ma tenendo ben presente che costoro non sono che la punta di un continente perduto. E che va bene riportare a scuola i ragazzi dispersi, ma a patto che la scuola sia pensata come qualcosa di più che una fabbrica di manodopera per il mercato del lavoro. Bisogna restituire al sistema educativo la dimensione dell’utopia, della missione. Soltanto così la scuola brasiliana (ma forse l’aggettivo può essere ignorato) potrà sfuggire al paradosso di combattere l’analfabetismo, ma solo per produrre un analfabetismo di nuovo conio.

                                                        r. f. l. 
                                         

    


                                                  

 
 

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