FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2008

 
 

Il comune di Milano esclude dalle scuole dell’infanzia i bambini delle famiglie non in regola con i permessi di soggiorno – Il ministero reagisce revocando la parità, e i conseguenti finanziamenti – Sullo sfondo lo scontro fra Letizia Moratti, ex ministro della Pubblica Istruzione e oggi sindaco di Milano, e il successore Giuseppe Fioroni – Intanto la magistratura accoglie il ricorso per un bambino escluso

 

È un classico dibattito sui principi, quello innescato da una controversa delibera del comune di Milano. Nelle 170 scuole comunali dell’infanzia, frequentate da 21 mila bambini, non c’è posto per i figli degli stranieri clandestinamente presenti in città: possono essere ammessi soltanto se i loro genitori presentano un regolare permesso di soggiorno. Così la decisione dell’autorità municipale, firmata dal sindaco Letizia Moratti ex ministro della Pubblica Istruzione, anzi dell’Istruzione, Università e Ricerca, secondo la denominazione ministeriale che fu adottata dal precedente governo. Il successore del ministro Moratti, Giuseppe Fioroni, ha immediatamente reagito sospendendo lo status di parità agli esili milanesi. Questo comporta l’interruzione dei finanziamenti statali, che vanno agli istituti paritari cui incombe l’obbligo di rispettare gli ordinamenti scolastici nazionali.

L’argomentazione del ministero si richiama non soltanto al principio di eguaglianza sancito dalla Costituzione, ma anche alla convenzione internazionale sui diritti dell’uomo, a quella sui diritti del fanciullo, a una risoluzione del Parlamento europeo, al testo unico della disciplina sull’immigrazione. In tutti questi documenti è chiaramente stabilito che ogni bambino ha diritto all’istruzione, indipendentemente dall’origine etnica o sociale e dalla situazione giuridica della famiglia. Dunque, fa sapere il ministero, “costituisce illegittimo atto discriminatorio e lesivo dell’ordinamento fare riferimento alla mancanza del permesso di soggiorno per negare la possibilità di presentare la domanda d’iscrizione”.

La polemica è immediatamente esplosa, e secondo il costume italiano si è articolata lungo la discriminante destra-sinistra. La scuola dell’infanzia, questo l’argomento della Moratti, non rientra nell’obbligo scolastico, dunque si tratta di una”pesante interferenza” ministeriale nelle scelte del comune. Riccardo De Corato, vicesindaco di Milano, accusa il ministero di volere “con grida manzoniane, legalizzare la clandestinità”. Altri parlano di “decisione gravissima e irresponsabile”, di “buonismo insopportabile”, e sostengono che in realtà è proprio il ministero a discriminare: i bambini italiani a vantaggio del clandestini. Chi difende la scelta di Fioroni fa appello a principi di umanità, solidarietà e uguaglianza, indicando i vincoli chiaramente imposti dalla normativa vigente: “la legge sulla parità parla chiaro: le scuole paritarie, private o degli enti locali, devono uniformarsi alla Costituzione”.

La vicenda si trascina ora, fra ricorsi e tentativi di mediazione. La posizione ministeriale è stata drasticamente indebolita dalla crisi di governo, e dalla prospettiva di un possibile mutamento di rotta da parte dell’esecutivo che uscirà dalle prossime elezioni. Ma un giudice del tribunale di Milano ha confermato l’interpretazione del ministero “uscente”. Accogliendo il ricorso di un’immigrata marocchina contro l’esclusione del figlio da una scuola dell’infanzia, il magistrato ha definito “discriminatoria” la delibera comunale. Il piccolo potrà dunque sedersi fra i banchi dell’asilo, mentre la polemica continua.

                                                          s. f. 
                                         

    


                                                  

 
 

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