FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO - 2006

 

 


 

 

     Quando parti, che lingua parli?
     Se parti, dove arrivi?
     Chi erano i Parti?
     Il modesto particolare che in Cina, al tempo dei Parti, si potesse arrivare a piedi, e si possa ancora arrivare la Cina a piedi, non lo prendiamo nemmeno in considerazione – dicevo ai ragazzi. Aggiunsi: – A prima vista come l’amore e sulla scorta del consenso comune, le distanze fra le diverse lingue sembrerebbero enormi, addirittura invalicabili: come, non so, la distanza che mille anni fa, quando non si poteva viaggiare che a piedi o al massimo a cavallo o a dorso d’asino o di cammello, separava l’Europa dalla Cina. Eppure, tra quel paese e il nostro Occidente esistevano rapporti che a noi, viziati a viaggiare in jet, riesce difficile immaginare. Importante tramite pare sia stato il popolo dei Parti: quelli stessi che, per punirne l’avidità, uccisero il triunviro romano Marco Licinio Crasso facendogli bere oro fuso. –

«Quando parti, che lingua parli? Se parti, dove arrivi?» richiesi ai ragazzi, e scrissi le due domande alla lavagna.

–   Quante lingue m’occorrono, pur d’arrivare la Cina a piedi? – mi richiede un ragazzo.

   Non tante!… Ti basta “la facoltà di parlare”, attributo comune della specie umana – rispondo. – Puoi esercitarti a vedere la Cina lontana e a innamorartene, fin da bambino, con un caleidoscopio: un tubo di cartapesta con a un’estremità l’oculare e all’altra un certo numero di frammenti multicolori, inseriti in un piccolo sistema di specchi che, a una minima rotazione del tubo, danno luogo a tutta una serie di seducenti figurazioni.

Scrive il poeta Giovanni Giudici nel suo Andare in Cina a piedi: «Ma affascinanti erano per me i caleidoscopi che mi fabbricavo da bambino. Si prendevano due fogli di quaderno: uno lo si avvolgeva a forma di tubo e l’altro (provo a rifarlo, ma non ci riesco) veniva confezionato a forma di losanga. Dopo aver messo alla rinfusa nell’interno della losanga opportunamente dilatata pezzettini di stagnola da cioccolatini, il tubo veniva inserito in un foro praticato a uno dei vertici della losanga. I colori della stagnola, esaltati anche dalla straordinaria bianchezza dell’interno della losanga esposta in controluce, si combinavano così in paesaggi di fiaba: un prato, una montagna, una capanna, un castello, un ponte con sotto il fiume, il mare, un sole al sorgere o al tramonto»…

Ognuno interpreta a suo piacere quel che appare nella magica lontananza e che, una volta scosso via da un colpetto di dita sul rudimentale congegno, mai più sarebbe riapparso, fata morgana o una specie di lieta allucinazione simile forse a quella del ragazzo Rimbaud quando riusciva a vedere «una moschea al posto di una fabbrica». 

–   Il caleidoscopio allunga la vita? – si chiese una ragazza.

   Perché allungarla, la vita… e non allargarla? – si chiese un’altra ragazza.

   “Prendere il punto di vita”  era  l’animazione costitutiva delle sarte, un modo di dire e di fare tipico – dissi io: – Veniva segnato con uno spillo esclamativo del tipo “Stai immobile, altrimenti ti pungo!”.

   … Per arrivare la Cina a piedi mentre cammina?… A che serve?… Perché lo facevano? – fu la domanda conclusiva.

–   E le piccole scosse al caleidoscopio siamo noi, a esso simili nel nostro continuo mutare d’umori e di età, trascorrenti da gioia a tristezza, in compagnia dell’irripetibile giocattolo, che potrebbe anche essere nato in Cina… Chi lo sa!… Chilo sa, mentre lo dico e lo penso, quanti chilometri ho fatto? Quanti chili ho perso? – e conclusi dicendo: – Il caleidoscopio funziona come un poema. –

Di certo, avevamo scoperto una lingua-cammello e una lingua-bacodaseta: molteplici rifrangenze, tessuto cangiante, correlata al popolo come entità fisica, alla nazione che in essa parla; e, in generale, all’umanità intera al di qua delle differenziazioni storiche.

Quando Marco Polo tornò dalla Cina a piedi, la gente di Venezia miscredeva al sogno che gli era avvenuto in mente. Lo prendevano per matto. Capeggiò una galera da Venezia contro Genova. Fu fatto prigioniero e messo in galera a Genova. Qui conobbe Rustichello che mise l’occhio nel caleidoscopio inventato dalla Cina da Marco Polo, da lui conservato gelosamente come farebbe un bambino col giocattolo a cui è più attaccato. Così è nato Il Milione, l’unico numero al mondo che è tutto un programma e un poema.

 

Nota:

Parto, appartenente all’antica popolazione iranica dei Parti, è anche il partorire un bambino e qualsiasi prodotto dell’ingegno, parto della fantasia.

   

 

                                                            Filippo Nibbi

 


                                                  

 
 

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