FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO 2005

 
 

Alcune riflessioni sul celeberrimo bronzo etrusco che portano inevitabilmente a indagare su se stessi: chi m’era? – La storia esemplare del giustiziere del mostro, e del discendente di costui che indusse il fiero Diomede ad abbassare le armi – Un gesto dalle immediate ricadute logiche: porta infatti a interrogarsi sul senso della guerra, a riascoltare e ad attualizzare le parole di pace di un Papa

 

«Riemergendo da quel pozzo di San Patrizio che è Gianni Rodari», dicevo ieri ai ragazzi di oggi in una scuola di Arezzo, «le storie, anche il significato dei disastri (dis… astri! Cos’è caduto dal cielo?) come quello provocato dallo tsunami in Indonesia, si trovano navigando ventimila leghe sotto i mali, proprio così!». Chiedevo: «La Chimera, che fa? bela? “fuggisce”? o mangia la mela?».

L’opzione “fuggisce” deriva, va alla deriva nell’Oceano Indiano dopo lo tsunami, proprio dalla scuola materna “Gianni Rodari” di Arezzo.

Arezzo, già!

Arezzo dopo adezzo, proprio adesso, ad Esso, che sono in corso guerre fatte per accaparrarsi il petrolio, unicamente per accaparrarsi il petrolio, anche le nostre città si possono scomporre meglio in fattori primi. Roma, per esempio, mai come ora che è al governo il Bel Lusconi, si può scomporre in “Cupola e rovine”, come la mafia. Milano si può scomporre in “Madonnina e panettone”… Madonnina! Mai come ora è evidente che la scomposizione di Arezzo in fattori primi, deriva da una parola sola: “Chimera”. «La Chimera, che fa? bela? fuggisce? o mangia la mela?… Chi m’era?», chiedevo quest’oggi, proprio oggi, 10 gennaio 2005, a ragazze e ragazzi di una scuola di Arezzo.

«Sicuramente, mangia la mela di Pippo, quella che si vende a settembre durante la fiera del mestolo», dice una ragazza.

«… Anche dopo l’undici settembre?» la interrompo.

«Anche dopo», dice la ragazza. E prosegue: «La mela di Pippo, quella ricoperta di zucchero caramellato rosso, tenuta su da un bastoncino, che si mangia durante le fiere».

«Che fiere?» chiede un ragazzo, e dice: «Le fiere che sbranavano i Cristiani dentro il Colosseo di Roma? o le fiere del Circo di Mosca che in questi giorni è a Bologna?».

«Mosca!… Il nemico ti ascolta!». Feci osservare che questa espressione si trova scritta tutt’oggi sui muri esterni della caserma “Cadorna” di Arezzo. È algebrica. Universale come la Chimera.

Certo, ci eravamo innamorati di questo bronzo etrusco leggendo l’Iliade, quel passo dove il mostro della Licia viene affrontato e ucciso da Bellerofonte su Pegaso, il cavallo alato…

«Che è il simbolo della Resistenza in Toscana», dissi ai ragazzi. «Non so se avete fatto caso a dove si trova il passo in questione…. È una sfida che nasce dentro di noi – dicevo. – Il libro è quello del colloquio tra Ettore e Andromeda (Andromaca in cielo)…. È Andromedario, quel passo! Come un passo appenninico. Ma ancora vi si leggono le gesta dell’eroe acheo Diomede…. Guardate – dicevo: - Mentre Diomede scarica la sua furia contro i Troiani, gli appare innanzitutto un loro nobile combattente: Glauco. E Diomede si placa, perché riconosce in Glauco la stirpe di Bellerofonte, la virtù di questo semi-di-dio (o semidio) e gli chiede infatti le origini, trovando un riscontro d’aria alla sua percezione. In tutta l’Iliade non c’è nessun altro gesto cavalleresco del genere… del genere umano! È un atteggiamento da cavalieri della Tavola Rotonda. Da cavalletti fotografici da tirare sul Cavaliere (da Mussolini in poi) per capire come si fa per cavarselo dai piedi… dai treppiedi! I due giovani si promettono rispetto rendendo omaggio alla loro stirpe reale e divina. E conficcano le lance a terra. Quand’ero ragazzo come voi – dicevo,  – provai ammirazione per Bellerofonte che dopo la furia delle forze naturali simboleggiate dalla Chimera, aveva sconfitto la furia della guerra…».

«A dispetto di tutte le leggi,
la guerra è voluta non da Dio, ma dagli uomini, dalle nazioni, dagli Stati per mezzo di chi li rappresenta. I terremoti, le inondazioni, lo tsunami che ha devastato l’Indonesia, le pestilenze sono applicazioni di cieche leggi della natura: cieche, perché la natura materiale non ha intelligenza né libertà. Ma la guerra (questa in Iraq, e poi) è voluta invece dagli uomini, ad occhi aperti, a dispetto di tutte le leggi più sacre.. per questo è tanto più grave. Chi la determina, chi la fomenta, è sempre il principe di questo mondo, che nulla ha a vedere con Cristo, il principe della pace».

A un passo dall’Apocalisse Indiana, leggevo proprio ieri, adattandolo alla situazione attuale, questo passo del Giornale dell’anima di Giovanni XXIII.

Posi ai ragazzi e alle ragazze una questione apparentemente algebrica: “Può un cristiano entrare, oggi, nell’esercito?”…

«No, perché c’è incompatibilità fra il giuramento divino e il giuramento umano, fra l’insegna di Cristo e quella di Satana, fra il campo della luce e quello delle tenebre»… «Così parlò Tertulliano», dissi a ragazze e ragazzi: «… Che questo sia accaduto potete esserne sicuri. Dodici uomini sono partiti da Gesusalemme – Gesusalemme?… Gesusalemme! – e sono andati per il mondo. Erano ignoranti e incapaci di parlare, ma grazie alla potenza divina hanno detto a tutte le razze umane (giuste, perché ci sono razze anche fra i pesci) che Cristo li aveva inviati per annunciare a chi-è-unque la Parola di Dio. E noi, che un tempo ci uccidevamo gli uni gli altri, non solo non facciamo più la guerra contro i nostri nemici ma, piuttosto che mentire e ingannare» dicevo a ragazze e ragazzi, e insistevo: «piuttosto che mentire e ingannare…» e le parole ri-velavano, “velavano di più”. Si poteva partire.

«Così parlò Giustino da Naplusa», dissi.

«Siete mai stati a San Giustino Valdarno?» chiesi: «Perché noterete che lì ci sono certi paesaggi leonardeschi…. È come… come ci fosse nascosto un Leonardo da Vinci… Non mai da vincere! Là c’era un lago, un mare circondato, circonciso, che è sprofondato generando uno tsunami. E NOI VEDIAMO LE CRESTE FOSSILIZZATE DELLE ONDE DI TERRA CHE INVASERO IL MARE, ANCORA OGGI».

-            Che ne facciamo?
-      Di che?
-      Di queste creste?
-      Le useremo per scrivere l’inno dell’egoismo ts-umano!
-      E, come?
-      Useremo, anziché i codici civili e penali, i codici di Leonardo…

Ne è venuto fuori questo manifesto che abbiamo attaccato perfino in Comune, ad Arezzo, e nell’aula magna dell’università di Siena deconcentrata ad Arezzo con la facoltà di Lettere e Filosofia da diverso tempo:

 Lionardo di Caprio Espiatorio.
La vera effige della tua idea, qual è?
Lione, Serpente o Caprio?
Qual è quella ch’è dall’uomo a Dio?
Dov’è libertà non è regola.
E se tu sarai solo, tu sarai tutto tuo.   (Ash.I.27v)

                                             Filippo Nibbi
                                         

                                                                                                 

 

 
 

Clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter!

 

Torna al Foglio Lapis febbraio 2005

 

Mandaci un' E-mail!