FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO 2004

 
 

Come partire da un dialogo dei minimi sistemi per padroneggiare la capacità di descrivere il mondo - Il bambino che succhia il linguaggio con il latte materno un giorno, se non gli tappiamo la bocca, parlerà come mangia - In fondo con le fantasie casalinghe se ne può fare di strada: per esempio trasformando il pasto in un immaginifico gioco, in un "recitare la colazione"

 

Nasce da "stupendo" e "stipendio". La parola l'ha fatta un bambino del comune di Castiglion Fiorentino, provincia di Arezzo, in frazione "Misericordia". Non è un'infrazione! E' invenzione di lingua... "Misericordia, c'è Benigni!".  In questa frazione del comune di Castiglion Fiorentino è nato Roberto. Qui possiamo imparare, siamo costretti a imparare, che mangiare è "giocare a mangiare". Lo "stupendio" serve a questo. Lo sviluppo dei processi mentali, la nascita delle parole, ha inizio con un "dialogo dei minimi sistemi", fatto di parole e di gesti, tra Roberto e i genitori. Il pensiero autonomo comincia quando Robertino è per la prima volta capace di interiorizzare queste conversazioni e di istituirle dentro di sé non appena la mamma torna a casa e riporta lo stupendio. Sì, lo "stupendio"! Dopo averne scartate molte altre, delle parole create da Robertino, ho scelto questa citazione per inaugurare una serie di osservazioni di "fantasia casalinga", che prende le mosse dal discorso materno, perché tutti, dentro le case e fuori, tutti "oggi", oggitutti, bambini e adultini, avendo fatto il loro dovere di consumatori, dovrebbero essere messi in condizione di agire da creatori. Peccato che pochi ci pensano... Allora, sì, che la vita è bella! Mangiare è giocare a mangiare. E un doppio arcobaleno come questo, ritratto dalla mamma di Robertino, riporta la pace nelle famiglie di Misericordia.

 

 

Il dialogo in casa Benigni è in primo luogo un monologo, materno e paterno, fatto di suoni carezzevoli, di incoraggiamenti e sorrisi, di piccoli eventi che eccitano di volta in volta il riconoscimento, la sorpresa, la risposta globale (e qui voglio, anzi, pretendo, l'attenzione attentissima, globale, dei NO-GLOBAL) di uno sgambettamento, la musica prelinguistica di un balbettio. La madre soprattutto non si stanca mai di parlare a Robertino (lo so, perché fa così anche la Chiara con Andrea), come per tenerlo avvolto in un grembo di parole tenere e calde. La Chiara si comporta spontaneamente con Andrea, come se avesse letto ciò che Maria Montessori dice della "mente assorbente" del bambino, che "per assorbimento” del latte materno interiorizza il linguaggio e ogni sorta di segnali del mondo esterno, come fosse "eterno" il suo mondo. Infatti, lo è…

- Non capisce, ma è contento: dunque qualcosa succede, - obiettava al pediatra razionalista una madre.

- Ha sempre capito tutto, - dice la Chiara di Andrea, - in qualche modo mi ascolta.

Il discorso della Chiara è spesso immaginoso, poetico, trasforma in un gioco a due il rituale del bagno, del cambio, della pappa a poppa... Via, che si naviga!, perché mangiare è "giocare a mangiare"... Se lo ricorderà la Chiara, quando naviga in Internet senza Andrea?... Anche vestirsi e spogliarsi diventano più interessanti quando prendono la forma di un "giocare a vestirsi", "giocare a spogliarsi"... O la borsa o la vita! ... Non è "stupendio"?... Vorrei chiedere al Passator Cortese, re della strada, re della foresta, se anche ad avvenimenti come questi giochi materni si attaglierebbe, tolta la taglia sul Passatore, la sua rifinizione di "teatro-gioco-vita", che sa di cavalli, di finimenti, di cavallini, di cavallucci, di filastrocche... Una volta le nonne, "le madri più pazienti", avevano modo di constatare ogni giorno l'efficacia del "giocare a…", inventando la storia di Bottoncino, così il bambino, da grande, anche se dovesse entrare della "stanza dei Bottoni" per rimanerci, non farà mai e poi mai saltare in aria il mondo premendo un bottone, che è come l'ombelico della mamma. "L'errore sarà eventualmente di credere che la storia di Bottoncino possa conservare il suo fascino se viene scritta e stampata", direbbe Gianni Rodari.

Robertino quando aveva pochi mesi, si divertiva molto quando la mamma, nell'imboccarlo, fingeva di ficcarsi il cucchiaio nell'orecchio, quando poi gli infilava le scarpine sulle mani. Ci rivedrà l'Omino della "Febbre dell'oro" che è affamato ma fa la danza dei panini in punta di forchetta aspettando l'amica che non arriva mai... Ci rivedrà l'Omino della febbre dell'oro? Proprio così!... È stupendio! Alcuni di questi giochi sono stati istituzionalizzati dalla traduzione in grandi film. Altri in filastrocche come la seguente:

 

Un po' per la mamma,
un po' per il papà,
un po' per l'imàm
un po' per Saddàm,
un po' per lo zio Sam
un po' per la vita,
un po' per la zia
che sta in Francia,
fu così che al bambino
venne il mal di pancia.

 

Ma l’Omino corrisponde volentieri a quel gioco, perché risveglia la sua attenzione, popola di personaggi la sua colazione, dà un significato simbolico all'atto del mangiare, estraendolo dalla catena delle schiavitù quotidiane, perché la vita dell'Omino è un atto non una cosa. Mangiare diventa un fatto estetico, un "giocare a mangiare", un "recitare la colazione"... È stupendio! E lo stupendio procura alimenti alla sua "fame di stimoli". Al contrario, la minestra Moratti fa schifo! Ogni bambino e bambana allevata con quella, verrà chiamata "ministrina". E verrà surgelata. Essa fa parte, però, di un prezioso "dislessico famigliare", di un "discorso materno" che mi sembra oggi più che mai indispensabile per chi si trovi a dover inventare storie per i piccolissimi, troppo piccoli anche per Pollicino… Se verrò e mi casca l'accento dalla o, sarò un verro nato da una cinta di Siena, purché incinta. Misericordia! Se verrò, dove?   E quando mai? O è una bella domanda?

                                           Filippo Nibbi 

                                 

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