FOGLIO LAPIS - FEBBRAIO 2003

 
 

La distanza fra Lula, Sardegna e Porto Alegre, Brasile, si misura col nome di un presidente nuovo di zecca e con le speranze che suscita – Fra quei due luoghi simbolici ecco un gioco dagli sviluppi imprevedibili – Si tratta di mischiare fatti e personaggi di storie, e vedere che cosa ne viene fuori – Per esempio che ne direste di un Pinocchio ottavo nano di Biancaneve, o di un Pollicino che nel bosco incontra Cappuccetto Rosso?

 

 

Come si fa l’insalata di favelas?”, chiesi a Rosaria, la ragazza che avevo conosciuto a Porto Alegre do Brasil. A mim, à terra e aos céus… E súbito encontro Deus. “L’insalata di favelas è in-salita, in-discesa o in-digesta?”, insistevo con Rosaria. Mi rispose: “Onde está o sonho? Que arco da ponte mais vela Deus?… E eu fico tristonho por não saber se a curva da ponte é a curva do horizonte…”.

Il suo modo di congegnare la Fantastica era naturalmente immaginario, immaginevole, immaginoso, immaginativo, nativo, il più nativo che avessi mai concepito di fare allo stato naturalmente immaginario, immaginevole, immaginoso, immaginativo, nativo, il più nativo che avessi mai concepito di fare allo stato naturale, non tanto perché non è avvenuto, quanto per dove.

È avvenuto in Sardegna, a Lula, in provincia di Nuoro, ma è stato congegnato in Brasile insieme al presidente attuale, Lula. Scrivo Lula e Porto Alegre, unito al Movimento dei Movimenti, quello messo in opera dal Social Forum latinoamericano, che farà girare il mappamondo che avevo a scuola, nel senso opposto a quello che vorrebbero le Multinazionali dello sfruttamento, proponendo un commercio equosolidale che sarà il vero equatore della giustizia re-distributiva dei beni della Terra, attraverso un bilancio partecipativo già predisposto dalla comunità di Porto Alegre, limitatamente, per adesso, a quella città. Però è solo l’inizio.

Una prima idea di questa “insalata di favelas” l’avevo già assaggiata in certi disegni infantili provenienti dal Mato Grosso. Quando ho conosciuto Rosaria, aveva già adottato due scimmiotte, che vi mostro:

Si chiamano Biancaneve e Pinocchio. Come se dire “Biancaneve” e “Pinocchio” sia lo stesso che dire “Maria” e “Giuseppe”… “Il risultato è Gesù, Gesù!”, dico io. “… O Gesuè, Gesuè!”, direbbe Gianni Rodari: “Il tipo di binomio fantastico che governa questo gioco si distingue dalla forma generale solo perché è composto di nomi propri anziché di due nomi comuni”…

Nomi propri di favelas, che le ana-grammatiche multinazionali hanno espropriato.

Rosaria ha creato il gioco quando Biancaneve e Pinocchio avevano iniziato appena a formulare generi di cose: “ma” “ma” “ba” “na” “na” “ta” “ta” nella lingua specifica di Dio. Via via che loro crescevano, per farli procedere dalle sillabe alle parole, Rosaria improvvisava insalate di favelas mescolando i personaggi di storie vecchie come il mondo. Da lei Biancaneve e Pinocchio ascoltavano un grottesco romanzo giallo in cui il Principe che destava con un bacio Biancaneve, era lo stesso che il giorno prima aveva sposato Cenerentola… Ne seguiva un dramma pauroso, con lotte terribili tra i rami della foresta amazzonica, tra sorellastre, streghe, regine… Sottoposte a questo trattamento, anche le immagini più consuete sembravano rivivere, riger-mogliare, “fogliare” offrendo fiori e frutti inattesi. L’ibrido ha il suo fascino. Lo stesso accade se Cenerentola sposa Barbablù, se il Gatto con gli Stivali diventa il gatto con lo Stivale che sposa l’Italia e le toglie i sorci da Lula in Sardegna, facendole vedere i sorci bianchi rossi e verdi. Lo slogan sarà: “LA PROPRIETA’ DELLE FAVELAS A CHI CI ABITA”.

L’azione che ne segue, è un esercizio di Fantastica congegnato quando Cappuccetto Rosso incontra nella foresta amazzonica Pollicino e i suoi fratelli: la loro avventura si mescola, scegliendo una nuova strada che sarà, in qualche modo, la diagonale del parallelogramma delle forze, dove la risultante ascisce non più attraverso le corde che trainavano i “traìvano” i barconi, detto in sibiliamo, lungo i fiumi… Non più fiumi, Rio Bo! Il piccolo Rio della poesia (“c’è sempre disopra una stella, / una grande, magnifica, stella”) però c’è ancora. Difficile nella sua semplicità. Ma emozionante. Se Pinocchio capita nella favola dei Sette Nani, sarà l’ottavo tra i pupilli di Biancaneve. Finirà la sua buona novella dicendo: “L’umanità ha più bisogno di uomini buoni che di ponimi grandi”… Longe em mim, fumo de eu pensá-la, morre a ideia de que tive algum passado…

 

 

                                     Filippo Nibbi

 

                                                                                                                                                                                                                     

                        

 

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