FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2018

 
 

In viaggio fra le Leopoldine della Valdichiana, nel ricordo del granduca che prima di farsi imperatore lasciò il suo nome a quelle armoniose case coloniche - Che ha a che fare con la mitologia classica la riparazione di pneumatici malandati? - Ecco perché l'Amiata ha quel particolare profilo: breve storia di una settecentesca esplosione di fuochi d'artificio

 

Riprendendo il  racconto   come   si   riprende   un   ragazzo   lasciato in sospeso nel sonno la sera  prima,  riporto  dal  Saggio d'instruzioni per viaggiare utilmente uscito a Livorno nel 1754 quanto segue: "Il politico si ferma sul governo, il naturalista sulle piante e sugli animali, il geografo sulle distanze e sulle situazioni, lo storico sù fatti passati, l'antiquario sù monumenti degli antichi, il mercante sù generi di mercanzie, e ciascheduno artista sull'oggetto di sua professione.  Ma  un vero viaggiatore... dee occuparsi a fare una relazione, dove non solamente non manchi la verità, ma che racchiuda senza distinzioni tutti gli oggetti della curiosità e del sapere". Dopo di che si può  anche scusare il  viaggiatore se non sa come si fa a sottoporre a processo di vulcanizzazione una gomma pari a un derivato di Vulcano, nome del dio del fuoco, sul modello del francese vulcaniser, che è dall'inglese to vulcanize. A un vero viaggiatore non interessa minimamente il complesso di procedimenti usati per la riparazione e la messa a nuovo dei pneumatici deteriorati.

Passando per la Valdichiana osserverà le Leopoldine, case coloniche di impianto settecentesco con portico e loggia a due arcate a tutto sesto sovrapposti e torre colombaia centrale. Le scale sono poste sotto il portico e nella loggia c'è il forno. Passando da un posto su una breve diramazione della strada vecchia Aretina in prossimità di Laterina, un vero viaggiatore, che ha  podere di dire bene ciò che è in suo podere, dirà: "Colonica tardo settecentesca, caratterizzata particolarmente dalla  splendida ambientazione; l'architettura ripete una semplice variante del tipo a torre colombaia centrale. Il volume parallelepipedo del corpo  centrale ha però un andamento quasi allungato con quattro arcate disassate, senza più sassi, rispetto all’asse centrale che si sta spaccando. Le stalle al piano terreno sono in parte voltate a destra, in parte a sinistra, in parte coperte con volterrane a volte erranee a volte erronee che raggiungono con le forme stellari dell'apparato costruttivo, giocato sulla differenziata cromia del materiale, risultati di  singolare bellezza nei bui più profondi e  umidi". Ho  il podere di dire che casa Pozzo e casa 'sti 'ani, contratto "Stiani", che ha l'Aia grande come quella città piena dì 'ani che abbaiano  alle  forme  stellari, costituiscono una coppia di poderi gemelli come la luce e la sua ombra, su due sommità delle dolci colline coltivate come la musica tra il borro Rigonzi e il torrente Brègine. Le stalle delle due Leopoldine, erano, una volta, piene di bui bianchi come la luce, che, quando venivano macellati, parevano torri squartate dai fulmini... Chi è stato a squartarli,  quei bui? Vulcano?... C'era un vulcano, in effetti, ma è spento. E' l'Amiata. Al tempo che i bui erano così bianchi da illuminare i contorni dei paesi, siamo nel Settecento.

In Toscana c'era Leopoldo, che fu fatto imperatore e dovette abbandonare la regione seduto sopra  l'imperiale di  una carrozza trainata apposta per lui da una serie lunga di bui che dalla Toscana, superati gli Appennini e le Alpi, arrivava in Austria. Prima di lasciare, Leopoldo, il babbo delle Leopoldine, volle lasciare un ricordo dei bui imperituro. Per questo, fece venire a Livorno una flotta di navi inglesi cariche di fuochi artificiali provenienti dalla Cina. I fuochi vennero  scaricati sul molo del porto di Livorno e ricaricati come un fucile che s'accende solo con le scintille uscite da un occhio del famoso Barone di Münchhausen colto nel segno dallo stollo longobardo di un pagliaio. E questo stollo fu l'accendino dei fuochi, che  vennero portati da  carri tirati  da bui in vetta a l'Amiata. Fu riempito di fuchi artificiali tutto il catino de l'Amiata, che, dopo l'accensione, è rimasto un po' sbassato, come si vede bene osservando il profilo di quel monte dalla Valdichiana. Quanti erano i bui?... Tantissimi. La terra stessa, lungo le appendici dell'Amiata, aveva mutato aspetto, perché non era più verde, ma di risplendente bianchezza... Parevano colate di Via Lattea… su e giù e su… le file interminabili di bui che caricavano il vulcano di fuochi artificiali.

Quando tutto fu pronto, uno stollo colpì in un occhio il Barone di Münchhausen facendo scaturire le scintille che fecero esplodere il sistema. L'Amiata si  risvegliò come un ragazzo lasciato sospeso nel sonno, come  ho detto all'inizio.

Com'è audace la Fantasia!, che sottace col suo estro nascosto la quintessenza del mondo. Nasco e sto, perché sono l'estro nascosto. E così mentre il Barone di Münchhausen con due acca aspirate nel corpo fa rinascere Vulcano, i piccoli Ercoli nostrani, con l'ha davanti "Hercolani", fanno proprio ridere. Non valgono un'H, come si dice. Non vangano. E piantamola una volta per tutte coi te-teschi nazifascisti. Torniamo a essere Te-deschi, e invitiamo ai nostri deschi gli altri  po-poli  del  mondo,  dal Polo Nord al Polo Sud.

Basta con le folle. Recuperiamo la follìa.

I bui hanno lavorato per noi da buio a buio. Le  terre sono state arate  non a rate. E s'è fatto giorno.

 

                                               Filippo Nibbi                                  

    


                                                  

 
 

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