FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2014

 
 

Sempre più giovani in Germania scelgono di proseguire gli studi fino all'istruzione superiore, trascurando la formazione professionale che pure offrirebbe più immediate possibilità d'impiego – Di fronte alla trasformazione del mondo del lavoro dovuto alla globalizzazione e all'informatica, c'è un generale disorientamento per quanto riguarda queste fondamentali scelte di vita – Analogie e differenze con la situazione in Italia

 

Lo scorso agosto la Camera di Commercio tedesca ha lanciato un appello contro la crescente accademizzazione del paese. Nel 2013 più di mezzo milione di giovani ha intrapreso un percorso di studi universitario: il numero è cresciuto di un terzo rispetto a quello di dieci anni prima. Eppure, afferma il vicepresidente Achim Dercks, non è scontato che un laureato guadagni più di qualcuno con formazione professionale, anche se questo è un luogo comune difficile da sradicare. Uno studio condotto tre anni fa rivela un panorama abbastanza scoraggiante: ben un quarto dei laureati troverebbe un posto di lavoro che richieda qualifiche e conoscenze di gran lunga inferiori a quelle ottenute.

Lo scorso 28 novembre il settimanale Die Zeit pubblica un lungo articolo riguardo questa problematica, nel quale viene trattata anche la questione delle prospettive di lavoro future in un mondo con la sempre più ingombrante presenza delle macchine. In fondo moltissimi mestieri, anche altamente qualificati, saranno svolti dai computer. Per esempio, l'informatica potrà prendere il posto del medico nell'operazione di diagnosi di una patologia piuttosto che di un’altra. Secondo uno studio americano del 2013, l’esistenza del computer sarebbe corresponsabile dell’abbassamento degli stipendi.

E' necessario aprire una piccola parentesi ed entrare brevemente in merito al sistema di formazione tedesco. Fino a pochi anni fa vi era un certo equilibrio tra i soggetti che intraprendevano un percorso di studi universitario e quelli che, finita la scuola dell’obbligo, si iscrivevano a uno dei corsi di formazione altamente specializzanti che il paese offre. Questi corsi funzionano molto bene dal punto di vista lavorativo e introducono direttamente nel mondo del lavoro: sono spesso le stesse grandi aziende ad offrire formazione specializzante anche ai giovanissimi.

Anche dopo il liceo erano in molti a scegliere un percorso di formazione professionale, ma adesso le cose sono cambiate. Ben 8 studenti su 10 di quelli che hanno ottenuto la maturità liceale nel 2008 si sono iscritti all'università, il 56% dei quali in modo diretto e il 13% frequentando in parallelo o concludendo subito prima una formazione specializzante. Sempre più quotata anche la laurea specialistica. Eppure le statistiche parlano chiaro: un laureato su dieci guadagna una cifra appena superiore alla soglia dello stipendio minimo consigliato. Per le donne, poi, il rischio di guadagnare così poco sarebbe addirittura doppio rispetto a quello corso dagli uomini.

Secondo un sondaggio Allensbach si tratta principalmente di un problema di informazione: più di un terzo dei maturandi non si sente sufficientemente informato circa le prospettive lavorative e/o i vari indirizzi di studio possibili. Sono molti, infatti, quelli che optano per l’anno sabbatico, aderendo a progetti di tipo “Viaggio e lavoro“ all’estero. Per quanto riguarda le famiglie, sono i genitori stessi a dichiararsi non all’altezza del ruolo di consiglieri: il mercato del lavoro è cambiato radicalmente negli ultimi venti/trent’anni e sono pochi i giovani a lasciarsi ispirare dal lavoro svolto dai familiari.

E' anche vero che molti lavori richiedono adesso conoscenze maggiori rispetto a una volta: anche nel campo dell’edilizia o in fabbrica è necessaria una certa dimestichezza con il pc. Tuttavia il mondo del lavoro ha subito trasformazioni enormi anche in termini di malleabilità, tutto è diventato più flessibile e sono diventati casi piuttosto rari quelli delle persone che svolgano una stessa professione fino alla pensione. “I lavori cambiano e le persone cambiano lavoro.”

Per quanto riguarda l’Italia, invece, la tendenza è esattamente quella opposta e le università, piuttosto care rispetto a quelle tedesche, registrano sempre meno iscritti. La generale confusione dei giovani ed il problema dell’orientamento sono però comuni: secondo le statistiche di Almalaurea il 15% delle matricole lascia gli studi dopo il primo anno di università e il 46% sceglierebbe un’altra facoltà se potesse tornare indietro.

 

                                                        Laura Venturi 
                                         

  


                                                  

 
 

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