FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2007

 
 

Secondo uno studio condotto dal British Council fra i ragazzi di dieci paesi, il Regno Unito e gli Stati Uniti si collocano agli ultimi posti per quanto riguarda la “sensibilità internazionale” – A sentirsi maggiormente “cittadini del mondo” sono gli adolescenti della Nigeria, dell’India, del Brasile – L’interpretazione del dato fa scattare l’allarme a Londra: i futuri cittadini britannici potrebbero rivelarsi inadeguati alla competizione nell’economia globale

 

C’è una graduatoria nella quale alcuni grandi paesi di quello che una volta si chiamava terzo mondo, come la Nigeria, l’India o il Brasile, figurano ai primi posti distanziando le nazioni dell’Occidente sviluppato come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna o la Germania: è quella che riguarda la sensibilità delle giovanissime generazioni ai temi dell’attualità internazionale e alla cosiddetta “identità globale”. È il risultato di un’indagine condotta dal British Council su un campione di oltre quattromila ragazzi, d’età compresa fra gli undici e i sedici anni, in dieci paesi: Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Repubblica Cèca, Spagna, Brasile, Cina, India, Arabia Saudita e Nigeria

Ai ragazzi è stata posta una serie di domande, nell’insieme relative alla loro sensibilità rispetto al mondo esterno: per esempio a proposito dell’apprendimento di lingue straniere, o del livello di conoscenza dell’attualità internazionale, o infine dell’opportunità di legami o gemellaggi con scuole di altri paesi. Un’altra domanda mirava a stabilire in che misura gli intervistati si sentissero cittadini del mondo oltre che del proprio paese. N’è risultato che se oltre i due terzi dei brasiliani e quasi altrettanti tedeschi si sono detti interessati a conoscere e approfondire i grandi eventi internazionali, quest’interesse crolla al trenta per cento degli americani e al ventotto degli inglesi.

Sulla base delle risposte ottenute, i sondaggisti del British Council hanno stilato una graduatoria, dalla quale risulta che i ragazzi nigeriani sono i più international minded, seguiti da India, Brasile, Arabia Saudita, Spagna, Germania, Cina e Repubblica Cèca. Agli ultimissimi posti Stati Uniti e Gran Bretagna. Probabilmente il fenomeno può in parte spiegarsi con il fatto che i ragazzi anglo-americani, parlando la lingua franca internazionale per eccellenza, si sentono meno motivati a quell’affacciarsi sul mondo che è implicito, per i loro coetanei d’altri paesi, nella necessità di studiare l’inglese. Per i cittadini del Regno Unito, in particolare, contribuisce certamente a spiegare il loro atteggiamento la condizione geopolitica che distacca le isole britanniche dalla terraferma europea. Si ricorderà una vecchia battuta meteorologica tipicamente british: c’è nebbia sulla Manica, il continente europeo è isolato.

Ma certo questo non è l’atteggiamento giusto per attrezzare le future generazioni alle sfide della modernità. Nell’era dell’economia globalizzata, dice Martin Davidson direttore del British Council, non possiamo permettere che i nostri ragazzi siano così poco sensibili alle tematiche e ai problemi del mondo. Dobbiamo invece incoraggiarli a interessarsi e impegnarsi secondo un’ottica che guardi anche oltre frontiera. Questo obiettivo è largamente condiviso a Londra, dove il governo di Gordon Brown ha organizzato una “settimana dell’istruzione internazionale”, volta a stimolare la sensibilità dei giovanissimi alle tematiche e ai problemi del vasto mondo che li circonda.

 

                                                                                                                           

                                                          
                                          r. f. l. 
                                         

    


                                                  

 
 

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