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Azzeccagarbugli, un personaggio manzoniano che ha fatto scuola – Capace di avvolgere ogni questione nelle nubi dell’erudizione giuridica, di ridurre il mondo intero a cavillo – La cavillosità è il sostituto corrente della legalità – Un episodio rivelatore: un tale che impugna il codice a difesa della privacy – Che cosa gli era accaduto? Aveva ricevuto nella sua casella di posta, senza averla richiesta, la lettera periodica della Lapis – Ma era un disguido, non uno scandalo  

 

Il messaggio sembrava il parto di uno studio legale e forse lo era: ai sensi dell’articolo tale del decreto legislativo talaltro, c’era il perentorio invito a fornire “entro il termine di 15 (quindici) giorni dalla ricezione della presente” le seguenti informazioni. E via una serie di richieste: siete in possesso di dati personali che mi riguardano? Come li avete ottenuti? Avete intenzione di usare queste informazioni? Di elaborarle? Di inviarle a “soggetti o categorie di soggetti”? Quali soggetti, quali categorie? Chi è il responsabile del trattamento dei dati? E così via, con un tono inquisitorio che sarebbe stato giustificato soltanto da una causa davvero grave.

Il motivo di tanta reazione consisteva invece nel fatto che il nostro interlocutore aveva ricevuto nella sua casella di posta elettronica, senza averla richiesta, la lettera periodica che la Lapis invia a coloro che, appunto, ne hanno fatto richiesta. Come sia potuto accadere proprio non lo sappiamo: forse qualcuno con un indirizzo simile si era iscritto alla newsletter, con un piccolo errore di digitazione che può avere inoltrato la lettera all’inconsapevole destinatario. Oppure la cosa può spiegarsi attraverso i meccanismi misteriosi che inondano le nostre caselle di posta indesiderata, i famigerati messaggi spam.

Non era, in ogni caso, una faccenda così grave: era un disguido e non uno scandalo. Invece di scomodare articoli e commi e decreti legislativi, bastava che quel signore leggesse le ultime righe della lettera, in cui s’invitano i destinatari che abbiano cambiato idea, o che per qualsiasi ragione non intendano più ricevere la lettera periodica, a farcelo sapere. Non importava impugnare il codice, né inalberare quel tono da vittima di una intollerabile sopraffazione: in fondo ciò che gli avevano inavvertitamente spedito non era spazzatura, erano informazioni relative alle ultime iniziative di un’organizzazione che agisce da anni per il bene comune, senza prevaricare, senza volere imporre le sue visioni, senza chiedere niente a nessuno.

L’episodio non varrebbe nemmeno la pena di essere citato, se non per il suo valore esemplificativo di una mentalità che chiameremo del dottor Azzeccagarbugli. Ricordate il personaggio manzoniano, che avvolge il povero Renzo in cerca di giustizia in una nube di chiacchiere, norme e cavilli, frastornandolo con un incomprensibile latinorum? Quella cortina fumogena era destinata a coprire una semplice e cinica realtà: l’avvocato non voleva occuparsi del suo caso, perché non voleva inimicarsi il potente, responsabile dell’offesa da cui Renzo cercava di difendersi sacrificando quattro incolpevoli galletti, l’onorario in natura per il suo riluttante consigliere legale. Purtroppo quel personaggio ha fatto scuola, e di azzeccagarbugli pronti a intrufolarsi nei meandri della legge per escogitarne le più cavillose interpretazioni, buone per molti usi, siamo letteralmente circondati.

Il fenomeno si regge su una mentalità assai diffusa, quella di chi sa che nelle pieghe dei codici i torti e le ragioni possono essere variamente rappresentati, di chi considera che l’efficienza di un uomo di legge si misura non tanto dal suo servire la verità, quanto dalla sua capacità di rappresentare il reale, escogitando di volta involta il cavillo giusto, con colori e contorni il più possibile vicini a quelli che corrispondono all’interesse che in quel momento è in discussione. Non per niente è difficile allontanare il sospetto che dietro il linguaggio tribunalesco del nostro interlocutore si nascondesse la segreta intenzione di trarre profitto dall’accaduto. Lo abbiamo invece prontamente tranquillizzato (ben dentro il termine imposto dei quindici giorni “dalla ricezione della presente”…), assicurandogli che con la sola eccezione dell’indirizzo elettronico non siamo affatto in possesso dei suoi dati personali, dei quali non sapremmo proprio che farcene, e che non riceverà più le nostre lettere periodiche.

Dovremmo anche ringraziarlo, in fondo: perché ci ha involontariamente confermato quanto sia importante l’impegno che la Lapis sta concentrando sull’educazione alla convivenza civile e a una corretta legalità, una legalità democratica che parta dalla Costituzione e investa i temi fondamentali del rapporto fra i singoli e lo Stato e dei singoli fra di loro. Per diffondere una visione del mondo che consideri assurdo scomodare i codici per questioni facilmente risolvibili con semplici chiarimenti reciproci, una mentalità che rifiuti di mortificare la   legge attraverso il cavillo.

                                                          r.f.l.

FOGLIO LAPIS - DICEMBRE 2004