FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2001

 
 

In una vibrante lettera aperta pubblicata nella “Musicheria” (www.csmdb.it), Maurizio Spaccazocchi denuncia il dilagante disinteresse per l’educazione musicale nel nostro sistema scolastico – In una società di valori legati al denaro, viene così trascurata la possibilità di offrire ai ragazzi il modo di aprire le porte emozionali, di esprimere il piacere o il disagio di vivere

 

Perché vivere la musica a scuola in una società che ha da tempo acquisito la capacità di occultare le ideologie, di esaltare l’inutile al posto dell’utile, di confondere l’identità vitale con quella sociale, di volgarizzare nella grande vetrina televisiva non solo le fisiche intimità ma anche i pensieri nostri più reconditi, di confondere il sapere umano con una decina di risposte quiz che potrebbero nel giro di pochi secondi anche riempirci di milioni? Perché pensare di vivere la musica a scuola quando un calciatore “becca” 10 miliardi l’anno per tirare una palla dentro una rete e, nello stesso istante, quintali di droga scorrono dentro le vene di giovani disoccupati e “sfigati” destinati a morire prima di noia e poi fisicamente, come i tanti bambini affamati dei paesi sottosviluppati? Perché promuovere la musica a scuola per offrirla a giovani che, oggi più che mai, sembrano essere così “fragili e poveri” da essere in grado, sulla base di gesta apparentemente inspiegabili, di lacerare la vita dei loro amici, delle loro fidanzate, dei loro fratelli, dei loro genitori e parenti? Perché pensare di promuovere la musica a scuola e far quindi la figura, “con l’aria che tira”, di chi vuol proporre un’esperienza così inutile rispetto ai tanti problemi sino ad ora indicati e che, purtroppo, non sono nemmeno tutti?

Cari politici, nella discussione sulla riforma degli studi della scuola di base e superiore, molti di voi si sono chiesti se fosse giusto o sbagliato che la Storia dovesse essere trattata per argomenti o per cronologia, ma nessuno di voi si è messo a discutere come la musica potesse aiutare i giovani a capire e a rendere più viva e reale la storia stessa. Scusate, dimenticavamo che voi siete di quella categoria che ha un’ottica limitata dell’ignoranza: chi non sa la storia lo è, chi non sa la musica invece è cosa di poco conto! Ed ecco così che continuate a far vivere un’ottica culturale gerarchica e limitante: l’intelligenza logico-scientifica e storico-umanistica è più importante di quella artistico-corporea ed emotiva.

Cari economisti, è forse vero che la musica a scuola non rende molto danaro, ma è altrettanto vero che, trascurandola, non si svilupperà quella mentalità utile, proprio secondo il vostro credo, a dar vita a nuove professioni, a nuovi mercati musicali, anche se noi siamo convinti che la musica, per l’uomo, prima di essere un oggetto di valore economico (e quindi di valore di scambio) sia un evento del desiderio, della fantasia, della passione, ecc. Purtroppo per noi, la mente economica non sembra essere stata folgorata dal caldo e affascinante imprinting sonoro, ed è anche per questo che il corpo musicale dei nostri giovani si sta mutando sempre più in un “mouse mentale”, freddo sì (per noi) ma più ricco di prospettive “danarose” (per voi). Anche ammesso che con certi insegnamenti potremo trovare lavoro ai nostri figli, come lo svolgeranno? E soprattutto, come vivranno le loro giornate, le loro umane relazioni, senza quella importante maturazione espressivo-emotiva tipica delle esperienze musicali, motorie e artistiche in genere?

Cari religiosi, leggo che nella nuova scuola di base la Religione Cattolica ha un monte ore pari ad un totale di 384. Questo numero di ore è ben più ampio di quello che avranno negli stessi sette anni Arte e Musica messe assieme. Non è certo una critica nei confronti del cattolicesimo, ma non vi sembra che un’ampia visione del credo umano debba saper promuovere anche una pari dignità scolastica fra tutte le materie? E infine, come mai, proprio voi che dovreste esaltare il rispetto dei saperi religiosi non vi ribellate per far sì che questa materia possa, una volta per tutte, definirsi Educazione religiosa evitando così di alimentare ulteriormente le problematiche esistenti in un paese ormai da decenni multietnico e quindi multireligioso?

Cari docenti e studenti di ogni ordine scolastico, voi sapete, per l’esperienza che vivete ogni giorno, che il problema della scuola non è tanto quello di cambiare i contenitori e, forse, non è nemmeno tanto quello dei contenuti. Il vero problema è il solito, vecchio come il mondo: è il grande valore dell’umana relazione che scorre fra i contenitori e i contenuti, è l’affetto e il rispetto che siamo in grado di attivare fra le persone di diversa mentalità, cultura, capacità e di diversa età. E quindi l’oggetto del contendere scolastico non si risolve trasformando due ordini scolastici in uno e variando orari e programmazioni, poiché ciò che conta nell’apprendimento è l’alto livello di umanità, di passione, di amore che, qualora non entrassero in gioco nelle pratiche del sapere, saper fare, saper far fare, non ci permetterebbero mai di maturare armonicamente il nostro saper essere a scuola, in famiglia, in società.

Ecco perché, cari politici, economisti, religiosi, docenti e allievi, noi crediamo che sia giusto far vivere la musica a scuola: non tanto per far sapere ad un giovane quando è nato e che cosa ha composto J.S.Bach, non tanto per fargli suonare o cantare un’aria antica, un brano jazz o etnico, ecc. No, non sono certamente queste pratiche musicali palesi e importantissime a motivare questa maggiore richiesta di musica nelle nostre scuole. E’ la musica, che in tutta la sua ricchezza di  stimoli offerti all’homo audiens, movens, loquens, cantans, sonans, videns, sapiens, che ha la dote di trasformare in un grande e privilegiato specchio della nostra personalità, i nostri pensieri, le nostre fantasie, le nostre emozioni, la nostra fisicità e tonomuscolarità. E’ la musica che può, in forma metaforica, permetterci di esprimere il nostro stato d’animo, il nostro benessere o il nostro malessere. Capita spesso che i pensieri positivi e negativi dei nostri ragazzi si celino fra le parole di una canzone, fra le corde vocali di questo o di quel cantante, fra gli strumenti di questo o quel gruppo musicale. Così, fra queste orme musicali, può essere letto tanto il loro piacere di vivere quanto il loro disagio. Ecco perché con la musica si rende più facile l’apertura di quelle porte emozionali che con altre discipline sono addirittura difficili da individuare. Ma in una società che continua a farci credere che il benessere vitale è corrispondente al benestare economico, risulterà sempre difficile dar spazio a tutti quei saperi umani che ancora, nonostante tutto e per nostra fortuna, hanno radici molto profonde e forti nel terreno dei nostri sensi.

E la musica, la danza e tutta l’arte, come il disagio del vivere che i nostri giovani si portano oggi addosso, hanno queste profonde e forti radici sensoriali, difficili da esprimere anche perché le parole della logica e dell’informazione tecnologica, pur essendo utili, sono malauguratamente inefficaci perché troppo povere sul piano espressivo e descrittivo del vivere. E da tutto ciò si può ben comprendere perché, tanto a scuola quanto in famiglia, i giovani “affetti” da disagio quotidiano non trovino altro che il silenzio per dirlo. Un silenzio presente ma non udito, quindi non musicale e che, proprio per questo, potrebbe esplodere inatteso per lacerare chissà quante persone oltre ai soggetti stessi che lo stanno vivendo. E’ questo silenzio non fatto vibrare che poi, per mettere il cuore in pace a tutti noi, ci farà dire: “E’ un fatto inspiegabile: era un ragazzo del tutto normale!”. Ecco perché crediamo che l’esperienza musicale a scuola debba vibrare sempre più: perché la vita è più importante della musica!

 

                             Maurizio Spaccazocchi

   

 

 

 

                                                                                        

 

 
 

Clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter!

 

Torna al Foglio Lapis dicembre 2001

 

Mandaci un' E-mail!