FOGLIO LAPIS - APRILE- 2021

 

Il docente e scrittore Francesco Cappello parla del pensiero di Danilo Dolci. La ricetta socratica riveduta e corretta, una nuova modalità educativa che superi la scuola trasmissiva. Bisogna invitare i ragazzi ad ascoltare il flusso di pensieri che attraversa la loro mente

 

Arriva Dolci!!!”. Francesco Cappello ricorda l'esclamazione di una collega nella scuola di Barga, in Lucchesia, nella quale allora insegnava. Conosceva il personaggio solo per sentito dire, l'entusiasmo che trapelava dall'annuncio lo indusse a seguire molto da vicino la visita di Danilo Dolci. Fu una rivelazione, racconta in un'intervista condotta da Beatrice Silenzi nel suo blog sul sito della Fabbrica della Comunicazione (www.fcom.it). Docente di matematica e fisica, Cappello è autore di un saggio: Seminare domande. La sperimentazione della maieutica di Dolci nella scuola, in cui sviluppa il contributo del celebre sociologo alla rivisitazione della maieutica socratica. Seminare domande è anche il titolo del blog nel quale ospita interviste e interventi su temi d'attualità.

Tanto per cominciare, Dolci dispose in circolo il suo uditorio, poi chiese a ogni ragazzo: Qual è il sogno della tua vita? In pratica li invitò a presentarsi, a identificare se stessi secondo l'idea che si erano fatti delle loro prospettive. Alcuni risposero, ricorda Cappello, che ancora non sapevano che cosa aspettarsi dalla vita, in altre parole ancora non sapevano chi fossero. Dolci diede l'esempio e si presentò: mi chiamo Danilo, non faccio lezioni ma pongo domande attorno a cui riflettere. Invito i miei interlocutori a parlare, fino a quando il pensiero s'illumina... Proprio così, si formano immagini che sono idee, e se la scuola li aiuta a identificarsi, se fin dalla primaria i bambini vengono invitati a scoprire quale sia la loro vocazione, poi muoveranno diritti verso il compiersi di questa aspirazione.

Un simile approccio, fa notare Cappello, è un ribaltamento totale rispetto alla scuola trasmissiva, questa si limita a fornire informazioni che l'allievo deve accettare, e se le accetta senza remore avrà buoni voti. É chiaro che per superare questa routine serve una relazione diretta fra alunno e docente, ecco perché la didattica a distanza “ci ha complicato la vita”. Un conto è avere di fronte la classe, un conto affidare a strumenti tecnologici la mediazione in un rapporto che non può essere mediato. Bisogna discutere e pensare insieme. Invece la scuola non dà ai suoi studenti il tempo per pensare: devono solo recepire passivamente, ripetendo i contenuti illustrati dal docente.

Tutto questo del resto non si limita all'insegnamento, la terapia maieutica può affrontare i problemi che angustiano l'intera società. Cappello ricorda l'esperienza di Dolci in Sicilia, i gruppi di autoanalisi popolare. Il sociologo chiedeva ai contadini che cosa si potesse fare per migliorare le cose. Qual è il vostro sogno? Avere l'acqua per coltivare i nostri campi, era la risposta prevalente. Facevano notare che l'acqua c'era, ma la si lasciava defluire in mare... Fu così che nacque il progetto della diga, del lago artificiale che oggi fornisce acqua a quindici comuni, Palermo compresa. Naturalmente fu necessario vincere le resistenze dei poteri mafiosi, che anche sulla penuria idrica fondavano le loro fortune.

E la scuola? Come vorreste la scuola per i vostri figli? Bisogna sentire gli esperti, rispondevano Ma quali esperti, diceva Dolci, siete voi, le famiglie, i genitori e i nonni, e i bambini stessi, che dovete tratteggiare la scuola ideale. E così nacque una scuola in cui al vecchio modello trasmissivo unidirezionale si sostituì una modalità educativa basata sull'arte di interrogarsi, applicabile non solo alle cosiddette materie umanistiche. Cappello insegna fisica e lamenta la mortificazione che questa disciplina subisce nella scuola: il docente riempie la lavagna di formule e ogni tanto, molto di rado, porta la classe in laboratorio per verificarle. Dunque, la didattica ridotta a ricezione passiva di informazioni trasmesse.

Bisogna fare il contrario: andare in laboratorio, mostrare un fenomeno che susciti stupore e poi chiedere: Come lo spiegate? Vedrete l'entusiasmo dei ragazzi. Vedrete nascere l'idea nei loro occhi. A una domanda dell'intervistatrice Cappello risponde che questa modalità educativa è la sola capace di formare cittadini attivi, e forse proprio per questo è poco praticata... Poi offre un ricordo di famiglia: chiese al figlio di quattro anni quanto fa cinque meno otto. La risposta arrivò qualche tempo più tardi: non si può fare perché ne mancano tre... “Mio figlio aveva scoperto i numeri negativi!”

Del resto si può anche sbagliare, anzi si deve sbagliare, perché sbagliare è importante. Così come è importante ascoltare il flusso di pensieri che attraversa la mente, e con quelli cercare soluzioni e risposte. Di fronte alla giovane persona che si va formando, il compito della scuola è proprio questo, non solo fornire le parole giuste con cui rivestire i pensieri ma anche stimolare quella ricerca. Seminare domande, appunto.


                                                                      a. v.           

 

 


                                           

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