FOGLIO LAPIS - APRILE - 2015

 
 

False accuse da parte degli allievi colpiscono oltre un quinto dei docenti inglesi– Anche se emerge una totale estraneità ai fatti contestati, la loro carriera può essere ugualmente rovinata - Si chiede che venga garantito all'intero staff educativo quel diritto all'anonimato, fino all'eventuale accertamento della colpa, attualmente riservato ai soli titolari di cattedra – Un altro problema nella scuola oltre Manica (ma non soltanto lì): il cosiddetto cyberbullying

 

Il sistema educativo, sostiene un sindacato inglese degli insegnanti, deve impedire che false accuse da parte degli allievi finiscano con il compromettere la carriera dei docenti. Si tratta di un fenomeno assai diffuso: secondo un'indagine condotta dal sindacato ATL (Association of Teachers and Lecturers) il ventidue per cento degli insegnanti è stato colpito da accuse calunniose, mentre il trentotto per cento  conosce colleghi che hanno fatto questa umiliante esperienza. Si fa notare che gli effetti di questi comportamenti sono gravissimi a prescindere dalla loro fondatezza: infatti coloro che ne sono vittime generalmente abitano nella stessa comunità delle loro classi, e indipendentemente dall'esito degli accertamenti ne restano per così dire marchiati. La bravata di qualche irresponsabile lascia dunque una cicatrice permanente. 

Per questo l'ATL chiede che la garanzia dell'anonimato fino all'eventuale accertamento di una colpa effettiva, che una norma varata nel 2012 riserva ai soli docenti di ruolo, venga estesa all'intero staff educativo: assistenti, supplenti, bibliotecari, tecnici di laboratorio. Naturalmente il corpo insegnante non contesta il diritto degli alunni di essere presi sul serio: semplicemente rivendicano un altro diritto, quello del docente di non essere rivelato al momento della denuncia, ma solo dopo che la colpa sia stata effettivamente accertata. Si fa notare che le calunnie, e la nomea che inevitabilmente ne consegue, sono una delle motivazioni per cui molti insegnanti sono indotti ad abbandonare la cattedra.

Dall'indagine ATL emerge addirittura che in molti casi le accuse gratuite arrivano non dai ragazzi ma dalle loro famiglie. Non di rado questo porta a rapporti tesi all'interno dell'istituto. Il preside, racconta uno dei docenti presi di mira, mi ha detto che se fosse arrivata un'altra denuncia sarebbe scattata la mia sospensione dall'insegnamento. Bisogna dunque, sostiene il sindacato, che il sistema educativo tenga nel dovuto conto una realtà ormai evidente: i ragazzi cedono spesso alla tentazione di colpire il loro professore con accuse calunniose. Lo fanno perché sono irritati, o sotto stress, o afflitti da problemi familiari. Ma le conseguenze sulle vittime possono essere disastrose.

Questo allarme si accompagna a un'altra pessima abitudine, diffusa in Inghilterra ma anche altrove, quella di affidare alla rete insulti o dicerie infamanti nei confronti dei docenti. Oltre il quaranta per cento degli insegnanti inglesi lo ha sperimentato sulla sua pelle. A volte viene presa di mira la competenza professionale, altre volte vengono formulate accuse di “comportamenti inappropriati” con i ragazzi. Anche in questo caso spesso gli insulti online arrivano non dagli alunni ma dai loro genitori. Facebook è il tramite più frequentemente usato per questi comportamenti, che la stampa britannica chiama cyberbullying. Si fa notare che queste pratiche possono non soltanto danneggiare l'esercizio di questa professione così delicata, basata com'è su una buona qualità del rapporto docente-studente: ma possono addirittura rovinare la vita di chi ne viene colpito.

                                           l. v. 

    


                                                  

 
 

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