FOGLIO LAPIS - APRILE - 2014

 
 

Il governo italiano annuncia l'intenzione di avviare un vasto piano d'interventi di edilizia scolastica – Ce n'è davvero bisogno, si tratta di mettere in sicurezza migliaia di edifici minacciati dall'età o dal rischio sismico – Inoltre la creazione di tanti cantieri avrebbe un positivo effetto congiunturale – Il problema è reperire i fondi: si parla di sblocco del patto di stabilità, un vincolo che l'Italia ha liberamente accettato e andrebbe rinegoziato

 

Ci sono nuove scuole da costruire e vecchie scuole malandate, quando non addirittura fatiscenti, da rimettere in sesto. Ci sono quasi trentamila edifici scolastici minacciati dal rischio di terremoti nelle molte aree della penisola a forte sismicità. Un problema davvero cruciale per la scuola italiana, ne va dell'incolumità dei nostri figli. Inoltre avviare a soluzione questo problema comporterebbe, attraverso l'apertura di migliaia di cantieri, un rilancio di quel settore edilizio che è tradizionalmente considerato un volano per l'economia nel suo insieme: quand le bâtiment va, tout va, dicono i francesi, se vanno le costruzioni va tutto. Il problema è che servono soldi, tanti soldi, e in materia di finanza pubblica il piatto piange, come dicono i giocatori di poker.

Anzi no, i soldi ci sarebbero, ma gli enti locali non possono spenderli. É l'effetto perverso del patto di stabilità interno, che coinvolge la periferia amministrativa dello Stato nella disciplina di bilancio a suo tempo concordata in sede europea. Il nuovo governo italiano, al quale il presidente del consiglio Matteo Renzi cerca d'imprimere un marchio di efficienza e rapidità, dice che l'Italia rispetta quei vincoli ma al tempo stesso chiede che vengano allentati. Poiché finanziare l'industria delle costruzioni avrebbe un effetto dinamico sulla congiuntura economica, Roma chiede a Bruxelles (e a Berlino, dove si annida la più tetragona intransigenza in fatto di disciplina di bilancio) che l'investimento nell'edilizia scolastica, non diversamente da interventi negli altri settori produttivi, venga sottratto ai limiti di spesa, non soltanto perché bisogna mettere in sicurezza la scuola ma anche perché al criterio del rigore si affianchi finalmente quello della crescita.

Nelle intenzioni del governo, su tratterebbe di destinare a questi interventi, come ha specificato il ministro dell'istruzione Stefania Giannini, almeno quattro miliardi. Si tratta, dice il presidente Renzi con la sua caratteristica enfasi, del più massiccio investimento di sempre nell'edilizia scolastica italiana. Lo considera una priorità riscattando con un significativi attivismo, come le sue visite periodiche alle scuole, lo scarsissimo spazio che ai problemi del settore educativo è stato dedicato nel dibattito politico recente. Dunque i sindaci sono stati invitati a segnalare le scuole che hanno bisogno d'interventi.

Ma la partita si gioca soprattutto sul tavolo europeo. Per questo il nostro governo cerca di fare squadra con la Francia, che ha problemi di rispetto dei vincoli analoghi ai nostri, anche se non proprio coincidenti: noi abbiamo un debito gigantesco ma siamo in ordine col bilancio, Parigi ha invece meno debiti ma sfora il tetto del tre per cento nel deficit annuo. La scommessa rimane difficile, anche se un barlume di ottimismo è generato dal fatto che da qualche tempo anche in Germania si fa lentamente strada un approccio più conciliante, la consapevolezza che di solo rigore si può anche morire. Attraverso questa cruna può passare la prospettiva di un rilancio della nostra scuola che parta, perché no, dalle fondamenta dei suoi edifici. 

                                         a. v. 

    


                                                  

 
 

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