FOGLIO LAPIS - APRILE - 2013

 
 

Sorprendente constatazione in margine all'indagine PISA del 2009: a parità di prestazioni, i ragazzi provenienti da famiglie disagiate prendono voti più bassi dei loro compagni più fortunati – Un'analoga discriminazione favorisce le ragazze rispetto ai maschi – L'OCSE sottolinea l'importanza del voto nel determinare le aspettative dei giovani, ed elenca le caratteristiche di una valutazione corretta dei rendimenti scolastici

 

Nel corso dell'indagine PISA (Programme for International Student Assessment) del 2009, l'inchiesta triennale che per incarico dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) viene svolta fra i quindicenni dei paesi membri per valutarne i rendimenti scolastici, è stata fatta una ricerca particolare. Si voleva esaminare l'uso che nei vari sistemi scolastici viene fatto dello strumento del voto. Ai ragazzi è stato chiesto d'indicare il voto conseguito nell'insegnamento della lingua madre, cioè in pratica la valutazione delle capacità di scrittura, lettura e apprendimento delle patrie lettere. Successivamente questi elementi sono stati confrontati con le valutazioni dell'indagine PISA.

Il risultato è stato davvero sorprendente: in tutti i paesi considerati, Italia compresa, lo strumento del voto viene maneggiato in modo discriminatorio. A parità di prestazioni, gli alunni provenienti da un ambiente socio-economico favorevole ricevono voti più alti. Dunque l'handicap, già implicito nel fatto di avere alle spalle una famiglia disagiata, viene ulteriormente aggravato dalla valutazione dell'insegnante. Una discriminazione simile riguarda il genere, con le ragazze favorite, sempre a parità di rendimento, rispetto ai compagni maschi.

L'analisi dei dati permette di constatare che gli insegnanti, più in generale, non si limitano a considerare il voto come un mezzo di valutazione dei progressi nell'apprendimento, lo vedono anche come un indicatore di comportamenti, abitudini e attitudini che nulla hanno a che vedere con la prestazione scolastica in senso stretto.  Inoltre il voto, che dovrebbe essere uno strumento tipicamente oggettivo, viene percepito anche come premio o come punizione. Si carica insomma di significati e contenuti diversi. L'OCSE avverte che questo modo di vedere le cose, e soprattutto l'applicazione discriminante del voto, può avere conseguenze pesanti per almeno due motivi. Prima di tutto perché i ragazzi basano spesso le loro aspirazioni nella scuola e nella vita proprio sui voti che ottengono in classe. Inoltre perché il sistema educativo si serve proprio dei voti per selezionare gli alunni destinati a proseguire gli studi, fino all'accesso all'università.

L'OCSE esamina anche gli svariati meccanismi di valutazione che si usano nei sistemi scolastici considerati. In alcuni paesi, come l'Austria, l'Ungheria, la Polonia, il voto negativo ha un valore solo, non è graduato come in Italia secondo una scala di cifre. Questo significa che gli allievi austriaci bocciati non sono informati, come gli italiani, sulla lunghezza del percorso che li separa dalla sufficienza. I ricercatori dell'OCSE considerano preferibile il meccanismo basato su un numero ristretto di valori corrispondenti a chiare categorie dei livelli acquisiti: per esempio, nelle valutazioni positive, soddisfacente, buono, ottimo, eccellente. Varia inoltre fra i diversi paesi la frequenza dei voti d'insufficienza: alta per esempio in Portogallo, Italia e Nuova Zelanda, bassa in Austria, Belgio, Irlanda, Serbia.

Per mettere ordine nel caos dei sistemi di valutazione, l'OCSE ne elenca le caratteristiche ideali. Il voto deve comunicare informazioni utili per promuovere l'apprendimento. Deve basarsi su criteri chiari e specifici. Non deve servire a comunicare delle aspettative o a giudicare un comportamento. Non va usato per penalizzare l'alunno che non ha finito il lavoro o lo ha consegnato in ritardo. Va maneggiato con cautela: un voto molto negativo può demoralizzare il soggetto e scoraggiarlo dal proseguire nel suo impegno. A volte è opportuno fare ricorso a valutazioni qualitative personalizzate, senza necessariamente congelare il discorso con un voto in cifre.

                                         l. v.

    


                                                  

 
 

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