FOGLIO LAPIS - APRILE - 2013

 
 

Si chiama ADHD, un acronimo inglese che designa la sindrome da deficit di attenzione e iperattività – Un disturbo comportamentale assai diffuso che si manifesta con difficoltà di concentrazione e incapacità di controllare i propri impulsi – Un istituto di ricerca del sistema sanitario britannico raccomanda le linee d'azione per riconoscere i sintomi e aiutare i bambini a superare il problema – É in gioco l'integrazione sociale del soggetto

 

Il “National Institute for Health and Clinical Excellence”, NICE, è un'organizzazione interna al sistema sanitario inglese e a quello gallese che si occupa della elaborazione di linee guida su tematiche inerenti la salute e il riconoscimento e trattamento degli stati patologici. É stato recentemente pubblicato un volume sul tema del riconoscimento da parte dei genitori dei disturbi comportamentali nei figli. É infatti molto importante che il problema venga riconosciuto con chiarezza e che i genitori sappiano come gestire la cosa e come evitare di assumere a loro volta atteggiamenti che potrebbero peggiorare la situazione.

Per prima cosa “No al no” : severità, punizioni e “no” non rappresentano una soluzione per il problema. Rischiano infatti di aumentare il carico di frustrazione e sconfitte che un bambino affetto da disturbi comportamentali si porta dietro. Il disturbo comportamentale del quale si parla più di sovente in questo periodo è l'ADHD, ossia la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. I sintomi più comuni gravitano intorno alla difficoltà nel concentrarsi, all'iperattività e all'incapacità di controllarsi e trattenere i propri impulsi.

L'ADHD insorge di frequente in soggetti che presentino anche altri problemi, che possono variare dalla dislessia ai disturbi d'ansia (comorbilità). La conseguenza peggiore di tali disturbi sembra essere una grossa difficoltà nell'adattamento sociale e nell'integrazione. Disturbi questi che possono persistere fino all'età adulta: in circa un terzo dei casi la condizione data dalla sindrome di deficit di attenzione e iperattività non si risolve con la crescita e coinvolge anche la vita adulta. Non solo, ma pare che anche quelli che non rientrano più nel quadro patologico del disturbo continuino a riscontrare gravi problemi nel campo dell'adattamento al lavoro e al contesto sociale.

Peter Fonagy, professore di psicanalisi all'University College di Londra dice: "Tutti i bambini possono essere disobbedienti e impulsivi a volte, il che è perfettamente normale. Comunque, alcuni bambini assumono atteggiamenti estremamente difficili e complessi da gestire, che sono fuori dalla norma per la loro età.” Proprio lì è necessario intervenire. Tra le cause sembrano esserci un mix di fattori genetici e di fattori contingenti legati a quel delicato  passaggio tra la ricezione degli stimoli semplice e caotica della primissima età infantile e la fase di coscienza e di attribuzione dei significati. Se in questa fase di riconoscimento del mondo circostante per un motivo o per un altro venisse a mancare la “protezione” dell'adulto, il bambino potrebbe rifugiarsi nel sintomo. Anche insuccesso scolastico e fobia della scuola sono riconosciuti come disturbi in questo contesto.

É necessario sia intervenire subito con cautela e con attenzione, sia conoscere il problema per non rispondere semplicemente con severità o indulgenza a quello che è un disturbo da trattare come tale, così come è necessario sopperire a quelle che sono le specifiche mancanze avvertite dal bambino. Il rischio è altrimenti quello di impedire al piccolo una crescita armonica e di vederlo sempre più chiuso all'integrazione nella società.

                                         Laura Venturi

    


                                                  

 
 

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