FOGLIO LAPIS - APRILE - 2012

 
 

Fa discutere una decisione delle autorità scolastiche di New York City che sconsiglia l'uso di certe parole nei formulari per le prove periodiche di rendimento - Sono termini “emotivamente carichi”, si spiega, capaci cioè di suscitare emozioni spiacevoli - Un esempio? La parola “dinosauro”, che evocando l'evoluzione delle specie può dispiacere ai creazionisti - Rispondono i critici che con queste premesse il rogo dei libri è dietro l'angolo

 

La controversa vicenda del “politicamente corretto” si arricchisce di un nuovo capitolo, a scriverlo è il Department of Education di New York City, un'autorità scolastica che coordina l'attività di più di millesettecento istituti d'istruzione nella metropoli americana. Si tratta di una lettera agli editori dei formulari contenenti i test con cui periodicamente si controlla il rendimento nei vari corsi di studio. Le domande attengono tradizionalmente alla matematica e all'inglese: ed è proprio a proposito di quest'ultima disciplina che è scaturito il caso, accolto da una vivacissima polemica.

Gli editori dei test, dunque, vengono invitati a evitare l'uso di alcune parole, una cinquantina in tutto. Sono parole che a detta dell'autorità scolastica newyorchese hanno un “carico emozionale”, potrebbero cioè evocare negli studenti emozioni spiacevoli. In realtà la sensazione è che non tanto la sensibilità dei ragazzi s'intenda tutelare, quanto la suscettibilità di varie lobbies e correnti di pensiero. Come potrebbe infatti uno studente essere turbato dall'uso della parola “dinosauro”? A considerarla uno sgradevole riferimento sono invece i creazionisti, assai agguerriti in America nella loro polemica contro il darwinismo. Parlare di dinosauri evoca infatti quella evoluzione delle specie che è ormai una realtà scientifica, ma non certo per chi considera Darwin una sorta di anticristo.

Fra le parole sconsigliate ci sono tutte quelle che hanno a che fare con la dialettica ricchezza-povertà: meglio non citare la “povertà”, appunto, ma nemmeno “villa con piscina”, che evoca un'immagine capace di suscitare invidia. Neanche “divorzio” è  da scriversi nei test: potrebbe far male ai figli di coppie in crisi. Persino “festa di compleanno” è sulla lista nera: non tanto perché sia socialmente discriminatoria, in fondo una torta con le candeline se la possono permettere anche le persone di modesto reddito, quanto perché potrebbe dare fastidio a una minoranza relativamente limitata ma assai sensibile, quella dei Testimoni di Geova, che evitano di festeggiare gli anniversari.

E che dire di “halloween”? I ragazzi americani adorano questa festa delle zucche e delle streghe, ma è meglio non parlarne, perché la sua innegabile caratura pagana potrebbe dar fastidio ai devoti di molte religioni. E naturalmente evitino, gli editori dei test, di formulare domande su temi quali “guerra”, “sesso”, “alcol”, “malattia”. Quando la lista nera viene divulgata dalla Cnn esplode la polemica, qualcuno ricorda il secondo emendamento della costituzione degli Stati Uniti, che garantisce solennemente la libertà di stampa e di espressione. I responsabili dell'iniziativa si arroccano sulla difensiva. Non è una censura, fanno sapere i dirigenti del Department of Education: noi non chiediamo che di quei temi non si parli nelle nostre scuole, solo che non vengano citati nei test, per evitare eventuali contraccolpi psicologici... In fondo anche altrove si fanno raccomandazioni analoghe: per esempio in California si consiglia di non usare la parola “tabacco”, in Florida, lo stato periodicamente colpito dai cicloni provenienti dai Caraibi, la parola “uragano”.

Sarà, ma le spiegazioni non sono considerate abbastanza fondate dalla maggior parte dei lettori che si sono espressi sull'argomento nelle reti sociali e nelle pagine delle lettere sulla stampa. “D'accordo”, scrive uno, “la cosa riguarda solo i test, ma è comunque un passo nella direzione sbagliata!” Un altro è molto più drastico: “Mi sembra che l'America diventi ogni giorno più stupida!” Un altro ancora filosofeggia: “Non esistono cattive parole, solo un cattivo modo di usarle”.

Intervengono anche alcuni addetti ai lavori. “Ma lo sapete o no”, chiede uno specialista di pedagogia, “che compito dell'educazione è anche prospettare i punti critici?” “La scuola”, nota un altro, “deve preparare i ragazzi alla vita, non potrà mai farlo nascondendo sotto il tappeto le cose eventualmente scomode”. Conclude perentorio un lettore del New York Times: “Sarebbe ora di piantarla con la categoria del politicamente corretto. Far sparire le parole dai test è un piccolo passo, ma può portare al rogo dei libri.”

                                         l. v.

    


                                                  

 
 

Clicca qui per iscriverti alla nostra newsletter!

 

Torna al Foglio Lapis aprile 2012

 

Mandaci un' E-mail!