FOGLIO LAPIS - APRILE - 2010

 
 

Una legge dà finalmente a tutti i bambini indiani, indipendentemente dal sesso e dalla collocazione sociale, il diritto a otto anni d’istruzione gratuita – L’innovazione ha una portata storica: è un colpo decisivo alle tradizionali discriminazioni legate alle caste e alla frequente esclusione femminile – Il problema delle risorse e l’intervento della Banca Mondiale – Sono 200 milioni in India i bambini da sei a quattordici anni: otto milioni sono ancora da recuperare agli studi

 

Ci sono leggi che fanno la storia, suggellando il passato e creando le premesse  di un futuro diverso. È il caso della norma entrata in vigore nei giorni scorsi in India, che nel secondo paese più popoloso del mondo fa dell’istruzione un diritto fondamentale per tutti, indipendentemente dal sesso e qualunque sia la collocazione sociale. Un diritto che lo stato ha il dovere di garantire gratuitamente. Un passo avanti di eccezionale rilievo sia rispetto all’antica tradizione delle caste, che di fatto sottraeva al processo educativo moltitudini di bambini appartenenti agli strati meno favoriti della società, sia in rapporto alla discriminazione che soprattutto nelle campagne ha continuato lungamente a colpire l’elemento femminile. La nuova normativa prescrive che tutti i cittadini indiani compresi fra i sei e i quattordici anni hanno il diritto di frequentare gratuitamente la scuola. Dal che discende che lo stato s’impegna a garantire il godimento di questo diritto.

Negli anni recenti molti spettacolari progressi erano stati fatti anche in assenza di questa legge: fra il 2003 e il 2009 la popolazione scolastica compresa fra sette e quattordici anni era salita di cinquantasette milioni, portandosi a centonovantadue milioni. Queste cifre sono determinate non solo dall’aumento costante della popolazione, ma anche dall’allargamento altrettanto costante dell’offerta educativa. Fatto sta che i bambini indiani esclusi dalla scuola, che sette anni or sono erano ancora venticinque milioni, si sono ridotti oggi a poco più di otto milioni. La novità consiste oggi nel passaggio da questa situazione di fatto a una situazione di diritto: d’ora in avanti qualsiasi caso di evasione scolastica chiamerà in causa precise responsabilità familiari o statuali.

Presentando a New Delhi la nuova legge, il primo ministro Manmohan Singh ha ricordato gli anni della sua infanzia, quando imparava a leggere e scrivere alla luce di una lampada a kerosene. Singh ha poi avuto accesso all’istruzione superiore, diventando un esperto economista. Voglio che la luce dell’educazione, ha detto, arrivi a tutti, aprendo al talento di qualsiasi provenienza la possibilità di essere riconosciuto e premiato. La responsabile dell’Unicef per l’India, Karin Hulshof, sottolinea come sulla base della nuova legge lo stato, con l’aiuto delle famiglie e delle comunità locali, abbia ora il dovere di garantire l’istruzione di base per tutti. Naturalmente un ruolo tocca anche alla comunità internazionale: la Banca Mondiale ha recentemente finanziato due progetti, per un impegno complessivo superiore al miliardo di dollari, uno dei quali diretto proprio al recupero dell’evasione scolastica elementare. Per le comunità rurali più isolate, si studiano sistemi d’istruzione a distanza, fondati su quelle tecnologie telematiche che in India sono assai sviluppate.

Paese di grandi contrasti, l’India può infatti vantare vertici di eccellenza che si estendono anche al campo educativo, in particolare per quanto riguarda l’istruzione tecnica e quella economica, in plateale contraddizione con le sacche di evasione scolastica e di analfabetismo ancora diffuse soprattutto nelle campagne. Seconda solo alla Cina come dimensioni demografiche, ma fatalmente destinata grazie ai più alti tassi di natalità a diventare fra non molti anni il paese più popoloso del mondo, l’India è protagonista, non diversamente dall’altro gigante asiatico, di un impetuoso sviluppo economico. L’impulso dato all’istruzione di base non potrà che accelerarlo: è la condizione preliminare non soltanto perché vengano colmati i superstiti ritardi in materia di copertura educativa, ma anche perché i progressi tecnologici e produttivi si ripercuotano nelle aree più disastrate della società. Si tratta di colmare quelle sacche di miseria che ancora contrastano con i successi del paese: un’altra realtà che non diversamente da quella educativa è necessario correggere.

 

                                                          r. f. l. 
                                         

    


                                                  

 
 

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